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Caos adozioni, la parola all'esperto

Paolo Briziobello: "Occorre riprendere in mano ed applicare le norme che esistono"

Caos adozioni, la parola all'esperto
Foto: Il commercialista Paolo Briziobello
16 ott 2015

In questi ultimi giorni il nostro settore è oggetto di particolare attenzione mediatica che investe molti degli aspetti che riguardano sia i rapporti tra gli attori dell’adozione internazionale sia i rapporti con la Pubblica Amministrazione ed in particolare con la Commissione Adozioni Internazionali e l’Amministrazione Finanziaria. Abbiamo intervistato Paolo Briziobello, commercialista che ormai da molti anni segue estremamente da vicino il mondo delle adozioni internazionali non solo in campo economico e tributario con gli Enti Autorizzati, ma anche dal punto di vista istituzionale.

Briziobello, cosa pensa di questo susseguirsi di articoli che riguardano vicende giudiziarie di alcuni Enti, meccanismi di funzionamento della Cai, prese di posizione dell’Agenzia delle Entrate e delle conseguenti interpellanze parlamentari che si stanno susseguendo?

"Penso che occorra fare chiarezza ed affrontare con la dovuta cognizione di causa ogni questione che si presenta. Non nascondo che le molte, indubbie difficoltà che il vostro settore sta attraversando, paiono aver avuto, almeno a livello mediatico, una escalation esponenziale in questi ultimi giorni probabile frutto di un diffuso clima di malcontento di famiglie ed Enti sia nella gestione ordinaria sia nel funzionamento istituzionale. Proprio per questo occorre affrontare ogni tema con la necessaria dovizia di competenze, nell’ottica di risolvere le questioni e per non generare ulteriore confusione e quindi tensione. Cosa che non sempre riscontro, almeno stando a quanto mi è dato sapere e a quanto sto leggendo".

Da dove vogliamo cominciare? Dalle vicende giudiziarie e dalle lamentele delle famiglie sull’operato di alcuni Enti?

"Quello delle vicende giudiziarie è un tema che è di esclusiva competenza degli organi della magistratura preposti a ciò, affinché accertino i fatti e ne traggano le dovute conclusioni. Sulle lamentele delle famiglie credo innanzitutto che esse vadano comprese e non cavalcate magari per interessi di visibilità diversa, che qualcuno potrebbe avere. Per questo occorre avere bene chiare le ragioni e distinguere le varie casistiche. Se possiamo qui sintetizzare credo ci sia una differenza di base tra le lamentele verso qualche Ente, che potrebbe aver non rispettato i protocolli di procedura previsti dalle norme e regolamenti di settore, rispetto alle lamentele dovute a difetti di comunicazione in corso di procedura con l’Ente di riferimento o con la vostra Autorità Centrale, la CAI, che nell’ultimo periodo è stata frequentemente oggetto di attenzioni anche da parte di esponenti parlamentari per il suo operato".

E cosa pensa della notizia che sta facendo il giro degli Enti Autorizzati riguardo all’interpellanza parlamentare appena presentata secondo cui l’Agenzia delle Entrate di Pesaro intenderebbe assoggettare a tassazione tutta l’attività di adozione internazionale? Lei peraltro ci risulta che abbia seguito molto da vicino la vicenda.

"Sì, per un certo periodo ho avuto modo di lavorare sugli atti che hanno originato la contestazione, agendo a tutela dell’Ente. Ma l’aspetto più rilevante è un altro".

Quale?

"E’ un aspetto molto tecnico e necessita di particolare attenzione e delicatezza. Perché sottintende ad uno stravolgimento concettuale della procedura delle adozioni internazionali. L’azione dell’Agenzia Entrate di Pesaro potenzialmente va ben al di là del caso singolo dell’Ente in questione e qualora dovesse passare la filosofia sottesa alla verifica di quell’Ente, ciò rischia di investire in modo dirompente l’intero settore degli Enti autorizzati. Per questa ragione ho trovato assai curiosa l’interpellanza parlamentare riportata nell’articolo di Vita e di quanto riportato sul sito AIBI. Si mischiano temi reali ma che riguardano realtà diverse. E’ un po’ come mischiare la carne con il pesce e pensare di risolvere in un colpo solo ambiti tributari che invece sono assolutamente difformi e normati differentemente".

Ci spieghi tecnicamente. E’ interesse dell’intero settore comprendere come stanno le cose.

"La vicenda specifica di Pesaro interessa un Ente che svolge esclusivamente l’attività istituzionale di adozione internazionale e che non ha mai avuto dalla sua costituzione ad oggi la partita Iva: agisce solamente con il codice fiscale così come accade nel pieno rispetto delle norme di legge per moltissimi altri Enti Autorizzati, tutte associazioni e quasi tutte Onlus di fatto o di diritto. Cerco di sintetizzare: l’Agenzia delle Entrate di Pesaro ha sostenuto che le attività svolte a seguito di un incarico di adozione internazionale siano nei fatti “attività commerciale”, una sorta di intermediazione verso le coppie adottanti. Va da sé che con questa interpretazione viene completamente stravolto l’impianto giuridico fatto di norme e regolamenti che riguardano il vostro settore. Ma c’è di più. A fronte di questa “presunzione”, l’Ufficio di Pesaro intende assoggettare ad Iva, Ires ed Irap tutta l’attività che costituisce l’iter di adozione internazionale. Una azione, ripeto, che contrasta con le norme di settore e per questo dicevo prima potenzialmente devastante per tutti gli Enti dell’intero vostro settore. Io stesso, già nel 2004, ho presentato un interpello sul tema che è diventato oggetto della, per voi, famosa risoluzione ministeriale 77/E che ben chiariva quale ambito va inteso come procedura di adozione internazionale. Che a distanza di dieci anni un ufficio stravolga questo concetto senza che nel frattempo siano variate le norme di riferimento mi pare qualcosa che va al di là di ogni ragionevolezza. Immaginare che l’adozione internazionale sia intesa come una sorta di “commercio occulto” e perciò ripreso a tassazione come avviene per una qualsiasi società commerciale mi pare fuori da ogni logica. Con questo ovviamente non sto dicendo che i controlli non debbano avvenire, ci mancherebbe. Ma un conto è verificare il rispetto delle norme di legge, un conto è stravolgere la filosofia che sta alla base della procedura delle adozioni internazionali. A mia conoscenza questo è un caso senza precedenti in Italia. Mi consola sapere che l’Amministrazione Finanziaria Centrale di Roma, con la quale ormai da anni intrattengo rapporti professionali di assoluta trasparenza e positiva collaborazione su tutta l’intera materia, non abbia avallato tale posizione: prova ne sia che, da quanto leggo, ancora oggi a distanza di quasi due anni dalla fine della verifica non è stato emesso dall’Agenzia delle Entrate di Pesaro alcun atto impositivo quale è l’avviso di accertamento. Ma questa sorta di “limbo temporale” in cui non si sa se si abbatterà la mannaia di un atto impositivo vero e proprio non aiuta a chiarire, anzi, genera tensioni comprensibili. Che però vanno ben gestite e soprattutto affrontate con la dovuta competenza senza introdurre elementi che nulla c’entrano col caso discusso. L’interpellanza parlamentare infatti fa riferimento anche a casi di “esenzione Iva”, trattando un altro filone della materia e cioè quello di Enti autorizzati che, pur essendo sempre Associazioni, svolgono anche attività commerciali e quindi hanno, lecitamente, in loro possesso il numero di partita Iva: anche qui la materia è regolamentata, infatti vengono citate alcune norme. Ma si tratta di casistica tributaria diversa rispetto a quella di Pesaro. Per questo dico che mi pare una interpellanza che possa generare confusione perché “mischia” fattispecie diverse. E, sia chiaro, il mio non vuole in alcun modo essere un giudizio politico ma semplicemente una opinione tecnica per arrivare come sempre mi capita di fare, a cercare la soluzione del problema. Ho come l’impressione che a forza di sovrapporre temi, magari per ragioni di visibilità personale o altro, non si faccia che generare confusione in un settore quale il vostro che necessita mai come ora di precise linee di condotta".

Il settore è di nicchia, ma ormai sono in molti ad esprimere opinioni e a dare suggerimenti. Lei parla di “precise linee di condotta”: più o meno quello che da più parti viene richiesto e che invece sembra mancare nell’attuale gestione della Cai. Lei che ne pensa al proposito?

"Rilevo anch’io, da qualche tempo, che ormai siamo di fronte ad un fiorire di “esperti” di adozione internazionale. La cosa mi farebbe assai piacere se fosse vera. Mi limito solo ad osservare che molti autorevoli esperti anche del Terzo Settore, poco o nulla sanno di adozioni internazionali. Forse la crisi economica induce alcuni ad allargare il proprio campo di azione, magari meritevolmente. Ma le competenze non si inventano. Sull’attuale Cai è di tutta evidenza che a norma di legge essa ha la funzione di organo Istituzionale di riferimento e vigilanza con compiti e modalità di funzionamento precisi e puntuali. Ormai da oltre un anno la Cai non si riunisce, quindi non delibera collegialmente. Addirittura non se ne conoscono i componenti effettivi. Sempre più spesso vengono segnalate criticità operative concrete nei rapporti tra gli Enti e la Commissione che poi si ripercuotono nei rapporti con le Famiglie generando un loop pericolosissimo. Questo, nonostante tutti sappiamo che esistono almeno tre principali attori nel vostro mondo: la Cai , gli Enti Autorizzati, le famiglie. E che questi tre soggetti, nel rispetto dei rispettivi ruoli e nell’assoluto rispetto dell’azione politico-istituzionale della CAI, devono agire in una sorta di indispensabile interscambio di informazioni. La Cai ha un preciso ruolo nevralgico di doppia azione: uno politico e un altro di funzionamento e controllo; fino al 2013 tale doppia azione era distinta nei ruoli e nelle persone tra un presidente ed un vicepresidente. Il modello Italia, almeno sino al 2013, era preso ad esempio da altre realtà similari estere. Certo la crisi economica, i nuovi modelli familiari, il progresso scientifico, le tensioni anche sociali che viviamo, non contribuiscono anche nel vostro settore a rasserenare il clima in un ambito dove le sensibilità individuali e l’etica non vanno, più di altrove, mai dimenticate. E non mi riferisco ai numeri delle adozioni peraltro in calo, di cui gli Enti discutono grazie alle info che arrivano nei vostri colloqui ed incontri, perché dalla Cai non è dato sapere le procedure 2014 visto che non sono state pubblicate le tabelle. Ripeto: occorre tornare alle norme e applicarle. Tutti. Senza perdersi in voli pindarici di ipotesi o peggio ancora di azioni, magari meritorie, ma che alla prova dei fatti contrastano con le norme tuttora vigenti. Si rischia davvero di distruggere un treno in corsa senza avere in mano gli strumenti per costruire una valida alternativa".

Ha messo a fuoco la situazione con molto realismo. La domanda nasce spontanea: come se ne esce a suo parere?

"Per rispondervi, occorre una doverosa premessa. Sono convinto che il nostro Premier che appena insediato si è trovato l’attuale vicepresidente Cai di freschissima nomina, abbia gli elementi per valutare se questo sistema come strutturato con la nuova gestione, ad oltre un anno e mezzo dall’insediamento, “regga” all’urto di quanto sta accadendo. Conosco personalmente la spiccata sensibilità alla materia del Premier, che non ho mai nascosto di apprezzare. Mi dispiace leggere crescenti lamentele delle famiglie in ordine a carenza di informazioni sulle procedure o nei casi di lunghe attese di ritorni dall’estero per scivoloni burocratici assolutamente evitabili - sono solo due esempi su tanti - ne sono francamente desolato. Da parte degli Enti rilevo un diffuso e forse celato malessere da parte di alcuni, da parte di qualche altro un curioso atteggiamento di difesa a spada tratta dell’azione della Cai. Credo che per il ruolo centrale che rivestite, abbiate il compito fondamentale di pretendere chiarezza. E questa la potrete ottenere solo unendo le vostre forze e non coltivando singoli orticelli, che potrebbero generare sospetti di arroccamento. Voi Enti avete, tutti insieme ma soprattutto i principali, un patrimonio di esperienze e di qualifiche professionali che dovete dimostrare di saper mettere a frutto con azioni comuni. E siete, come accade nelle tantissime aree sane del Terzo settore, un patrimonio ed un modello culturale da cui attingere. Spesso siete lo specchio dell’Italia sana e operosa nel campo della cooperazione internazionale. Oltre ad avere, non dimentichiamolo, tra personale ed indotto un significativo rilievo sull’economia del nostro Paese. Sulla Cai è difficile dire perché non esiste di fatto l’Organo, lo sapete benissimo. Esiste una persona che lo rappresenta. Un po’ poco per tutta la mole di lavoro ordinario, funzionale, nazionale ed internazionale che competerebbe a questo delicato Organo. Detto ciò, non nascondo il fatto che anche nel vostro sistema ci sono alcuni che teorizzano l’importanza di seguire le regole, salvo poi dimenticarsi di applicarle".

La sua “premessa” era doverosa a questo punto della conversazione. Per finire: quindi come se ne esce secondo Paolo Briziobello?

"Occorre riprendere in mano ed applicare le norme che esistono, ristabilire i ruoli in capo a soggetti diversi ai vari livelli per permettere all’intera filiera di gestire ogni questione con l’ordinaria diligenza e serenità che oggi sembra mancare, riattivare il costruttivo dialogo fatto anche di periodici incontri tra le Autorità Estere e gli Enti Autorizzati che pare venuto meno nell’ultimo anno. Intanto, istituzionalmente, con il contributo degli attori qualificati e competenti in materia, procedere con interventi organici opportuni a migliorare il sistema adozioni per giungere ad adeguati interventi su norme e regolamenti. Ma finché non saranno entrate in vigore le nuove disposizioni, occorre fare riferimento alle leggi ed ai regolamenti che esistono".

Parole che suonano come una ventata di concretezza, di cui tutti abbiamo bisogno. Da come si districa sui vari temi, l’impressione è davvero di dialogare con qualcuno che realmente conosce il mondo delle adozioni internazionali.  Allora alla fine dobbiamo chiedere se lei sarebbe disponibile ad impegnarsi in prima persona...

"C’è sempre spazio per impegnarsi in prima persona più di ora. Soprattutto se ciò che si fa nasce da un sincero “sentire” interiore".