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"Quando ci siamo sfiorati per la prima volta è come se avessi partorito"

La storia della famiglia Giachero e di Sujan, proveniente dal Nepal

"Quando ci siamo sfiorati per la prima volta è come se avessi partorito"
Foto: Papà Ezio, Sujan e mamma Gabriella
01 ago 2016

“Quando ci siamo sfiorati per la prima volta è stato come se avessi partorito”. Mamma Gabriella ricorda ancora il primo incontro con il suo piccolo Sujan. Ne sono passati di anni, da allora, ma quell’immagine resterà per sempre impressa nella sua mente. Era il 2003 quando insieme a Ezio, suo marito, partirono per il Nepal. Un percorso lungo e faticoso, ma i due coniugi torinesi non si sono mai dati per vinti, anzi. Dopo essersi sposati nel 1992, tre anni dopo decidono di presentare la domanda di adozione in tribunale. E il cammino è stato subito in salita. “Per due volte – raccontano i coniugi Giachero, rispettivamente 47 e 46 anninon abbiamo avuto l’idoneità. Forse eravamo troppo giovani, ma non ci siamo arresi, anzi”. Nel 2001 arriva finalmente il tanto sospirato decreto e i due decidono di affidare il proprio mandato al NAAA. “Conoscevamo una coppia che aveva già accolto il proprio bambino con il NAAA – proseguono Ezio e Gabriella – e ce ne avevamo parlato molto bene. Dopo i primi incontri con i professionisti e gli operatori non abbiamo avuto dubbi, proprio perché abbiamo trovato un ambiente familiare, e anche serietà e competenza: così abbiamo deciso di cominciare insieme questa splendida avventura”. Passano due anni prima dell’abbinamento: era il maggio del 2003. “Quando siamo venuti nella sede centrale dell’ente e abbiamo visto la foto di nostro figlio eravamo in estasi – ricordano ancora i coniugi Giachero – una sensazione mai provata prima”. Il mese dopo sono già in viaggio verso l’Asia per il primo viaggio. “Siamo arrivati di domenica – continua mamma Gabriella – e abbiamo dovuto aspettare il giorno successivo prima di andare in istituto. Non vedevamo l’ora di abbracciare nostro figlio”. In Nepal, Ezio e Gabriella incontrano un’altra coppia di Parma e il lunedì, finalmente, arrivano insieme nella struttura in cui si trovano i loro bambini. “Ero tutta presa dalla storia della famiglia con cui avevamo fatto amicizia – ride la mamma – che, una volta in istituto, non mi sono accorta che dietro di me c’era mio figlio”. Poi, però, è già ora di tornare a casa. Per l’ultima volta in due. “Il periodo più brutto? L’attesa tra il primo e il secondo viaggio. Il tempo sembrava non passare mai – ammettono Ezio e Gabriella – anche perché siamo andati via che Sujan aveva la febbre alta, non stava bene. Praticamente tutti i giorni telefonavamo sia al direttore dell’istituto che agli operatori del NAAA per chiedere come stava e abbiamo sempre avuto rassicurazioni sul suo stato di salute”. Un paio di mesi dopo Ezio e Gabriella ripartono verso il Nepal. “Quando eravamo sull’aereo pensavamo che non si sarebbe ricordato di noi – dicono i due – e quando siamo arrivati in istituto lo abbiamo trovato che dormiva. Ma, una volta sveglio, ci ha accolto con un sorriso”. Adesso Sujan è un ragazzo di 14 anni, serio e giudizioso, che ha appena concluso il primo anno all’Alberghiero. “Il mio sogno? Diventare un barman”, ammette. Ama lo sport e gioca a calcio, nel ruolo di esterno, nel Saluzzo. Nel tempo libero suona la chitarra e fa l’animatore in oratorio, e da poco ha preso il patentino per poter guidare il motorino. E mamma e papà, visti i buoni risultati ottenuti a scuola e per premiarlo per il suo comportamento, hanno deciso di regalargli un’Ape. “Quali sono i momenti più difficili quando si diventa genitori? Forse quelli dell’adolescenza, più che i primi giorni a casa insieme. Ma per fortuna Sujan è un bravissimo ragazzo, con la testa sulle spalle”, concludono orgogliosi Ezio e Gabriella.