Colombia: il cucciolo dei nostri sogni
di Mamma Simonetta e papà Luca
Ho sempre letto con vivo interesse i resoconti delle coppie felici di ritorno dai viaggi verso i loro bambini, immaginando il giorno in cui anche io avrei avuto qualcosa da condividere con altri. Ma ora mentre sto scrivendo il resoconto del “nostro” viaggio in Colombia, mi accorgo che in realtà voglio innanzitutto “raccontare” qualcosa di importante alla nostra bambina; un viaggio a ritroso che leghi il suo passato con il nostro, perché una volta divenuta grande riesca, anche da ciò, a capire l’amore incondizionato che ci lega.
Da una manciata di giorni si è concluso il 2008, anno che per la nostra famiglia resterà indimenticabile. Sembra scontato dire che dopo oltre “sette anni” dall’inizio delle pratiche adottive avevamo riposto in un cassetto il sogno di diventare genitori adottivi, vista l’implacabilità del tempo che trascorreva. Per ingannare l’attesa e non pensarci troppo avevo inoltre deciso di riprendere gli studi per laurearmi, proprio nel marzo scorso, ignara che alcuni giorni prima della sessione di laurea un’inaspettata telefonata avrebbe letteralmente sconvolto le nostre vite. Non nascondo la paura che ci accompagnò nei giorni precedenti l’abbinamento, l’ansia di scoprire i lineamenti di quello che sarebbe stato il nostro bambino o bambina, con l’incognita dei propri sentimenti assopiti da tempo. La gioia infinita di scoprire che si trattava di una bimba, sbirciando in controluce tra gli incartamenti che Cinzia ci andava lentamente presentando, con l’attenzione dovuta a quei delicati momenti in cui vite molto lontane si incontrano per sempre. Da quell’immagine rubata di un fagottino rosa confetto, credo di essermi innamorata di lei: Valentina Hadde. I pochi mesi che ci hanno separato dalla partenza sono trascorsi molto velocemente, nella preparazione dei documenti, del viaggio, ... nonché per la tesi! Finalmente la partenza viene fissata per sabato 24 maggio, visto che martedì 27 incontreremo Valentina.
Atterriamo a Bogotà alcuni minuti prima di essere investiti da una scossa di terremoto che fa ballare l’aereo per diversi secondi e ci costringe all’interno dello stesso per circa un’ora; nonostante ciò e pur avendo vissuto in prima persona il terremoto del Friuli né io né mio marito ci rendiamo conto di quello che sta accadendo, dicendola lunga sul nostro stato d’animo! All’aeroporto ci attende il fidatissimo Jaime, che si mette subito all’opera per rintracciare il passeggino andato smarrito all’aeroporto di Parigi! Per la verità si produce subito in una innocente gaffe “colombiana”, dicendomi che non mi avrebbe riconosciuta dalle foto in suo possesso e risalenti al passaporto di qualche anno fa! La mia scarsa dimestichezza con lo spagnolo mi impone solo un sorriso di circostanza! Ci accompagna poi, sfrecciando in auto, all’appartamento a noi assegnato. Con lo sguardo incollato al finestrino guardiamo sgomenti l’immensità della città che ha dato i natali alla nostra bambina, non potendo non pensare a dove sia lei in quegli stessi istanti. Dopo un giro di ricognizione al supermercato rientriamo esausti in appartamento e, vuoi il viaggio vuoi il fuso orario, crolliamo addormentati. Nel pomeriggio del giorno seguente incontriamo l’altra famiglia italiana, Barbara e Marco ed i loro due bellissimi bambini Angela Maria e Maicol Stiven, quest’ultimo di diciotto mesi come Valentina. La loro conoscenza e la possibilità di condividere tempo ed emozioni comuni è stata per noi una vera benedizione divina. Organizziamo tutti assieme per il giorno successivo una spaghettata a casa dell’avvocato Johanna, che ci aspetta per ragguagliarci sulle modalità dell’incontro con la piccolina; a quel punto l’emozione è veramente palpabile tanto che l’avvocato scherza dicendo che sono presa dai dolori del travaglio!!
Ed eccoci al giorno dell’incontro, puntuali con Jaime e l’avvocato all’I.C.B.F. Da sempre mi ero immaginata il momento dell’incontro e, al solo pensiero, mi si riempivano gli occhi di lacrime. Ora ero lì, a pochi passi da Valentina, con una paura folle che mi percorreva il corpo, e mi paralizzava i movimenti. Ci fecero accomodare in una piccola stanza attrezzata con dei giochi per bambini, nell’attesa del grande momento: sembravamo dei condannati a morte! Anche in questo caso una mia occhiata furtiva al vetro riflettente di una porta, mi ha permise di scorgere l’arrivo della nostra bambina.
Quello che avrei scoperto in seguito essere un suo tratto caratteriale la accompagnava anche in quei momenti difficili: tutta impettita, in braccio alla nutrizionista, orgogliosa nel suo vestito di pizzo bianco, terrorizzata al punto da stringere il suo “tetero” quasi come un’arma da difesa, sembrava più grande del cuccioletto che in realtà era. Dopo un tempo, che a noi parve interminabile, ma si trattò di circa venti minuti di attesa, arrivò l’incontro con la psicologa e la nutrizionista per le informazioni di rito inerenti Valentina. Finalmente il momento tanto atteso: Valentina viene accompagnata in braccio da noi ed appoggiata tra le mie braccia. Con un bacio leggero, quasi a sfiorarle la testolina di capelli neri, divento nuovamente mamma.
Negli istanti che seguirono e in cui fortunatamente rimanemmo da soli noi tre, iniziarono i tentativi di avvicinamento al nostro cuccioletto; per la verità lo sforzo più grande lo fece lei, sembrava ce la stesse mettendo tutta per far funzionare l’incontro. Non dimenticheremo mai i suoi occhi pieni di lacrime, ma senza pianto, che dopo pochi minuti si aprirono in dolcissimi sorrisi e via via in grandi risate indirizzate al suo papà che già da subito riusciva a farla divertire. Momenti indimenticabili che ti fanno apprezzare la vita per la fortuna che ti ha voluto riservato in quell’incontro. Nei momenti successivi, quando la tensione incominciò a scemare fummo riaccompagnati in appartamento e da lì ebbe inizio la nostra avventura con Valentina. Per la verità di “avventura” ce ne fu ben poca, perché ci ritrovavamo a condividere emozioni uniche con una bambina deliziosa: sempre sorridente, vogliosa di giocare, fiduciosa del nostro amore fin da subito.
Con Valentina non ci furono problemi con il cibo, curiosa di assaggiare tutto ciò le veniva proposto e perché no anche i nostri piatti, né ci furono problemi con il sonno perché continuò serena a dormire tutta la notte e un paio di ore nel pomeriggio. Che bello ricordare i primi momenti in cui al mattino ci abbracciavamo sotto la coperta di pile mentre lei succhiava il suo latte dal biberon, o quando si sedeva con noi per la colazione sgranocchiando i biscotti! Il suo papà ricorda anche le uova strapazzate delle otto del mattino (la sveglia era allora fissata alle sei per il latte) che lei gustava accompagnandole con formaggio e banana! Così dopo i primi giorni misti a gioia e panico per la nuova responsabilità di genitori, incominciammo ad abbozzare una sorta di vita pseudo-normale fatta di escursioni quotidiane nei centri commerciali della zona, di lunghe passeggiate nei parchi; il resto del tempo “libero”, anche se lì tutto il tempo è libero, lo impiegavamo nell’accudimento di Valentina nel rispetto delle esigenze che un bimbo così piccolo richiede. Non più televisione, non più riviste o libri perché i primi tempi alle otto di sera crollavamo esausti; in questo poi l’altitudine di Bogotà “2600 metros mas cerca de las estrellas” gioca un ruolo fondamentale e la “fame d’aria” ti impone pause impreviste. L’unico contatto con la realtà era al mattino verso le sette quando leggevamo con le lacrime agli occhi la posta in arrivo dall’Italia e aggiornavamo i parenti sulle prodezze che di giorno in giorno Valentina ci riservava.
Che dire della vita trascorsa a Bogotà, certamente ricordiamo le puntate al supermercato “Carulla” aperto 24 ore su 24, dove trovavamo praticamente tutto, compreso il prosciutto di San Daniele! Il primo pranzo al centro commerciale “Andino” durante il quale Valentina dormì tutto il tempo illudendoci di poter continuare la nostra vita da “fidanzatini” che pranzano al lume di candela! e soprattutto il mitico “Tommaselly” dove mangiavamo il miglior “perro caliente” accompagnato da una gustosissima spremuta di limone! E poi le corse pazze in taxi, dove avevi la sensazione di rischiare la vita ad ogni incrocio e ti affidavi al santo di turno esposto su ogni parabrezza!
Ricordo il freddo dell’appartamento, dove non c’era riscaldamento di sorta e mentre io giravo con due felpe Valentina esigeva le mezze maniche! Ricordo le giornate di pioggia fine, con le nuvole basse a lambire le Ande, e noi tre instancabili a passeggiare. Ricordiamo la vista mozzafiato della città che si godeva dal Santuario della Virgen de Monserrate, dove ti senti ancor di più sperduto e solo nelle viscere di una megalopoli. Ricordiamo poi lo sguardo delle persone che incontravamo per strada, un mix bianconero declinato in svariate caratteristiche somatiche, tipico dell’America Latina, in cui cercavamo di leggere tratti comuni con quello della nostra bellissima bambina. Ricordo i momenti spensierati al parco Jaime Duque, una sorta di Gardaland colombiano dove abbiamo trascorso una giornata felice assieme agli amici di Torino; così come la gita alla miniera di sale di Zipaquira con il trenino turistico allietato durante il viaggo da musiche, colori e profumi colombiani; o ancora l’escursione all’Hacienda Santa Margarita, una sorta di ranch dove abbiamo potuto pranzare attorniati da evoluzioni equestri e musica locale.
Ricordo il negozio di artigianato colombiano Artesanias Makù dove abbiamo fatto incetta di souvenir per i parenti, ma soprattutto per Valentina, perché in alcuni piccoli oggetti possa ritrovare quel filo conduttore che la legherà per sempre alla sua terra d’origine. E poi le visite al Museo dell’Oro e di Botero, Plaza Bolivar e le passeggiate tra i vicoli della Candelaria, il barrio più antico e più alto della città, un miscuglio di teatri, piazze, case coloniali, istituti universitari e piccoli caffè in mezzo a case dagli intonaci sgretolati ed in cui si percepiscono ancora i fasti della dominazione spagnola. Momenti indimenticabili che spesso ci fanno provare nostalgia per posti e persone lontani ma sempre presenti nel nostro cuore.
Come non ricordare Johanna, che mai ci ha fatto sentire soli, sempre presente con la sua professionalità mista ad una prorompente carica di entusiasmo e partecipazione umana, così come il fidatissimo Jaime, ugualmente disponibile per risolvere i piccoli e grandi problemi della vita quotidiana, nonché per l’espletamento delle procedure burocratiche; ed infine, ma non da ultima, la dolcissima Martha con cui chiacchieravamo nei lunghi pomeriggi “Bogotani”. Il nostro “soggiorno” a Bogotà è durato circa quaranta giorni, giorni che abbiamo cercato di godere intensamente consci del fatto che stavamo vivendo un momento irripetibile e magico. Nonostante ciò ad ogni aereo che sorvolava il cielo di Bogotà il mio pensiero volava a casa dove tutti ci stavano attendendo per conoscere la piccolina. Il termine del nostro “viaggio” verso la felicità è coinciso inaspettatamente con un’importante notizia che ha attraversato velocemente tutti i continenti: la liberazione di Ingrid Betancourt!
E mentre Bogotà festeggiava a suon di clacson la notizia della liberazione degli ostaggi, dall’aeroporto “El Dorado” destinazione Parigi, partivano contemporaneamente gli aerei che avrebbero riportato a casa noi e la senatrice colombiana per iniziare entrambi una nuova vita. Che gioia scendere i gradini dell’aereo con Valentina in braccio, distrutti da un viaggio di ritorno massacrante ma immensamente felici di riabbracciare gli affetti più cari. Anche in questa occasione Valentina ha mantenuto fede al suo carattere gioviale dispensando larghi sorrisi ai nonni, agli zii ed ai cuginetti che nell’arco di pochi mesi sarebbero diventati parte integrante della sua nuova famiglia. Quello che avvenne dopo questo viaggio è frutto dello scorrere della vita quotidiana, fatto di nuove emozioni vissute con Valentina. Certamente l’impegno è notevole, la giornata è piena dalla mattina fino alla sera della sua gioia di vivere, della sua carica di allegria e del suo amore. Nessuno della nostra famiglia riuscirebbe più ad immaginare la vita senza di lei! La sensazione, che a volte ci lascia sgomenti, è quella di averla conosciuta da sempre, quasi come le nostre vite si fossero incrociate fin da subito al momento della sua nascita. Inutile dire che ci siamo innamorati di lei, la nostra Valentina Hadde.