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Un‘adozione, la seconda

di Roberta e Franco Pauletto

Un‘adozione, la seconda
20 dic 2004

E tutto ricomincia da capo, anche se e' tutto diverso. Denominatore comune: le solite affermazioni della gente, rincarate questa volta: “ma che bravi, … due…“ – . E noi sorridiamo, perche' in cuor nostro pensiamo di avere fatto del bene solo a noi stessi e ai nostri figli, come se un‘adozione fosse un gesto piu' umanitario che mettere al mondo dei bambini. Se davvero volessimo far del bene ce li porteremo via tutti quei bambini dall´orfanotrofio, faremo in modo che non ci siano piu' bambini che muoiono di fame o per la guerra. Questo e' fare davvero del bene, ma e' una cosa piu' grande di noi e anche se nel nostro piccolo contribuiamo, non e' abbastanza.Scusate se con queste premesse vi abbiamo annoiato, di sicuro non è né il tempo né il luogo: la consideriamo una piccola riflessione prima di una storia con il lieto fine (…speriamo…) L‘anno di preaffido del nostro primo figlio adottivo Nicolò non era ancora terminato, che avevamo già in mente il secondo. Masochisti? Forse! Certo diventare genitori e metterlo in pratica ogni santo giorno è faticoso, indipendentemente dall‘adozione, ma non ci sentivamo completi. Siamo passati da una semplice coppia ad una “mezza famiglia“, ma il nostro obiettivo ed il nostro cuore ci spingeva oltre. Ed è così che è nato Federico. E´nato nei nostri cuori, appena siamo tornati nel marzo 1999 dal Vietnam con Nicolò. Avevamo tra le mani il nostro primo frugoletto di circa un anno, ed eravamo davvero presi da questo, ma nella nostra mente già si sognava il secondo. Era una scappatoia dalla realtà troppo cruda di essere genitore, dopo averne sentito parlare per tanti anni?? Durante il percorso dell‘adozione una coppia non fa altro che parlare di come si può diventare (buoni) genitori e si fantastica su tutto: per primo l‘incontro con tuo figlio, ma quello lo avevamo già ampiamente superato e a pieni voti; poi si fantastica sulla vita quotidiana, e qui vengono le prime delusioni. Quella persona che tanto avevi sognato non sempre ti regala momenti splendidi; quell‘esserino di pochi chili mette in discussione anni di vita in comune tra te e tuo marito e candidamente ti fa capire che non sempre sei il genitore perfetto che vorresti essere per lui. La depressione post-partum esiste anche nell‘adozione. In questi momenti in cui ero molto fragile, per fortuna non erano tanti, sono stata supportata con professionalità e un tocco di amicizia da una cara amica, la nostra amica Cinzia, che ha sempre trovato tempo per rispondere alle mie domande, ed è stata, anche per la seconda adozione, un punto luce molto importante.

Federico è nato burocraticamente nel luglio 2000 quando abbiamo depositato la dichiarazione di disponibilità al Tribunale di Trento. Con Nicolò presente pensavamo di affrontare in maniera tranquilla l‘attesa del secondo. Ma non è stato così: siamo capitati nel periodo dell‘applicazione della nuova legge, e del passaggio di competenze dal Tribunale dei Minori, al Servizio Sociale della Provincia di Trento, quindi uno stop improvviso senza nessuna certezza. L‘unica, ma negativa, era quella che il NAAA non era operativo, in quel momento, per il Vietnam. Abbiamo passato dei mesi nel tentativo di spronare gli organi competenti ad applicare la nuova legge, che prevedeva un periodo ben definito per ricevere il decreto di idoneità. Abbiamo passato dei mesi a chiedere notizie sul Vietnam ad Ingrid, Ferry, Cinzia, Giancarlo, alla nostra referente Nicoletta, a chiunque ci capitasse al telefono e, nonostante il momento davvero delicato, sono sempre stati gentili con noi. Poi all‘improvviso la Provincia si sveglia e nel giro di un mese ci convocano per il colloquio con la psicologa ed il mese seguente il Tribunale di Trento ci emette il decreto di idoneità. Il colloquio con la psicologa, la stessa della prima adozione, di cui tra l‘altro conserviamo un buonissimo ricordo, viene fissato per il giorno 18 aprile 2001. Il compleanno di Nicolò, il terzo compleanno….destino. Nel destino noi ci crediamo. Il destino è stato quello che ci ha fatto incontrare i nostri figli. Se facciamo un passo indietro ci accorgiamo che Nicolò è stato concepito nel mese in cui abbiamo inoltrato al tribunale di Trento la sua domanda di adozione (era luglio 1997). Nicolò, poi, è stato abbandonato da una signora (la mamma??) in un “salone da tè“ (chi è stato in Vietnam se lo può immaginare..) e Franco lavora presso una societá che commercializza il tè. E adesso un altro legame, per lo meno tra i presunti fratelli: Federico ha fatto un bel regalo di compleanno a Nicolò, ancora prima di nascere. Il resto è copione già visto. Maggio 2001: il decreto. Giugno e luglio 2001: iscrizione al NAAA. Settembre 2001: preparazione documenti per il Vietnam, che nel frattempo nel mese di giugno è stato riaperto con nostra massima soddisfazione. L'emozione di spedire tutti i documenti è stata, come sempre, grande. Mio figlio, in quel momento, anche se era nella pancia di un‘altra, pesava 500 grammi, tanto pesava il pacchetto pieno di firme autenticate, documenti in copia, documenti originali, fotografie e quant’altro, che abbiamo spedito al NAAA. Perché il Vietnam?? Se la prima volta è stato casuale, la seconda è stato fortemente voluto. Non sarei riuscita ad immaginare un secondo figlio nato in un altro paese. Ci si innamora del paese che ha generato il tuo bambino e poi, non meno importante, volevamo dare una continuità alla famiglia che avevamo “creato“ e che ora stava aumentando. Ottobre 2001, mentre seguiamo con il pensiero i nostri documenti, che dovrebbero essere arrivati all‘Ambasciata per l‘atto finale e poi ripartiti per il Vietnam, una ragazza di 22 anni, in un paesino sperduto a circa 200 km da Hanoi, in mezzo ad un paesaggio da favola tra le colline vietnamite, mette al mondo nostro figlio, Hoang Tuan Minh. E´il 28 ottobre 2001. Quaranta giorni dopo, arriva “la telefonata“ , la prima delle telefonate che tanto aspetti sin dall‘inizio di questa avventura. Bla bla bla, le solite informazioni, nome, cognome, data di nascita, luogo di nascita. Una piccola fotocopia del certificato di nascita mostra un viso di un neonato, e quando la faccio vedere orgogliosa a Nicolò lui rimane deluso e mi dice: “Ma è brutto!“ Beh, effettivamente non ha tutti i torti…la fotocopia in bianco e nero non gli fa certo onore.

Gennaio 2002: altra telefonata, si parte il giorno 17 febbraio !!! Al telefono Ferry, (benedetto uomo, scusa Ingrid) spara buone notizie una dopo l‘altra. Partenza assieme ad altre due coppie, sul posto ce ne sono altre che riempiono Hotel Claudia, Ferry ci scorterà fino a Bac Kan, Cinzia è gia in loco per la sua adozione e non meno importante, facciamo un viaggio unico, e non due come era in previsione. Per un momento ho chiuso gli occhi e mi sono lasciata andare ad un pianto – riso isterico. E da qui che Nicolò ha capito che la sua vita sarebbe cambiata al più presto! Arriva il giorno della partenza. Il viaggio è piacevole, lungo come sempre, ma tranquillo. Sbarchiamo ad Hanoi nel nuovo aeroporto verso le 17 ora locale. Tre coppie, due bambini piccoli, un mucchio di valigie, tanto che il pulmino non era sufficiente e abbiamo noleggiato un‘altra autovettura. Dall‘aeroporto all‘hotel è stato un transfer stupendo: eravamo tutti euforici, e tra un commento e l‘altro, il sole stava lentamente scendendo sui campi di riso, sulle strade trafficate dei soliti motorini e biciclette. E´un‘immagine stupenda, da cartolina, quella che ho impresso nella mente e tentato di farlo con la telecamera. Arriviamo al Claudia Hotel dove ci sono le altre coppie ad aspettarci, con Ferry e Cinzia. Baci e abbracci per tutti, anche per Mrs Thuy. Non ci siamo mai dimenticati di lei, della sua cortesia, del suo prezioso aiuto con Nicolò, la volta precedente. Tutto è perfetto…anche se manca Federico, il motivo del nostro viaggio, ma siamo sicuri che domani anche lui sarà qui con noi. Unico problemino: Nicolò non è proprio in gran forma. Reduce da influenze guarite in tempo record, ne porta i segni sulla bocca, e poi il viaggio, il fuso hanno fatto il resto. Non ha mangiato per quattro giorni, continuava a dormire ed era perennemente sul mio braccio (quello della mamma). Era provato fisicamente e penso moralmente. Un vero strazio vederlo così. Il giorno dopo sveglia all‘alba per il trasferimento a Bac Kan. Fuori è ancora buio, ma la città è già sveglia e si prepara per un altro giorno di lavoro, sempre però con il sorriso sulle labbra. Nonostante siano passati solo 3 anni abbiamo notato alcuni cambiamenti nel modo di vivere: si incontrano più turisti e questa volta anche italiani; i giovani, che scrutavamo con avidità la volta precedente per capire come sarebbe diventato fisicamente Nicolò, ora hanno i capelli colorati ed un look davvero impressionante…si stanno adeguando al pensiero e ai modi occidentali; le gentili signore che ci fermavano allora e ci fermano anche adesso per “benedire“ il nostro “baby Vietnam“ alcune pero‘ ti fanno una domanda che ti raggela: “How much??“ Insomma il progresso davvero ha un rovescio della medaglia, e non è sempre bello. Il viaggio di circa 5 ore, con delle strade pazzesche, con un imprevisto prevedibile: una gomma bucata, ed i maligni (tra cui Bobo!!!) hanno fatto notare che era dalla parte di Ferry.. che non abbia retto alla tensione??? In compenso il paesaggio è da mozzafiato: colline verdeggianti, montagne, villaggi suggestivi, ma ancora più poveri rispetto alla città, bambini con le loro divise che vanno a scuola in bicicletta, buoi o animali simili che trainano un aratro, contadine immerse nelle risaie fino alle ginocchia. Davvero un paesaggio da favola, per noi che veniamo, prendiamo e torniamo a casa, nelle nostre comode case. Non deve essere molto facile la vita quaggiù e ammiro sempre più questa gente che ha la forza di continuare e non si ferma tanto facilmente davanti alle avversità.

La prima cosa che ho fatto quando ho visto Federico è stata quella di piangere. Non l‘avevo fatto con Nicolò e mi ero ripromessa di non farlo anche con Federico. Ma è stato qualcosa più forte di me, è salito da non so dove ed è uscito dagli occhi. Era in braccio ad una infermiera con il suo cappellino nero, infagottato nei vestitini di lana (e noi eravamo in maniche corte) e la prima cosa che sono riuscita a dire in mezzo alle lacrime: “Ma è bellissimo……“ Effettivamente non assomigliava affatto alla scarna fotografia che in questi mesi ci aveva fatto compagnia. Ho ringraziato e baciato tutti, la famiglia affidataria, assieme ai loro due figli, con la quale Federico aveva trascorso i suoi primi mesi, una splendida famiglia..le infermiere. Intanto un pubblico incuriosito si era fatto avanti: la provincia era nuova per il NAAA, eravamo, quindi, le prime famiglie e abbiamo portato un po‘ di subbuglio nel solito tran tran quotidiano. Le infermiere, 5 per ogni bambino, si spintonavano allegre per poter vestire i loro bambini con le cose che avevamo portato, ed intanto quella che era stata la sorella ormai adolescente di Federico, piangeva singhiozzando a più non posso. Ha voluto tenerlo in braccio lei e ci ha scortato fino al pulmino…. Ancora adesso, quando rivedo il filmato, piango in silenzio con lei. I giorni ad Hanoi sono tutti uguali: passeggiate, acquisti, foto ricordo, pranzo, incombenze burocratiche, cena. Questa volta però sempre in compagnia.Avevamo requisito in piano superiore di Mama Rosa per la sera: i bambini grandicelli potevano muoversi senza dar fastidio e noi potevamo tranquillamente confrontarci sui problemi che ci creava l‘ambientamento dei più piccolini. E loro dove potevano essere?? Dalla mitica Mrs Thuy e dai suoi ragazzi che li coccolavano con tenerezza. Se ci mettiamo nei loro panni, il cambiamento era veramente notevole: dalla tranquillità di una famiglia indigena, catapultati nella frenesia della città, con persone che parlano una lingua diversa, con odori diversi, e spesso la sera prima di addormentarsi Federico e i suoi amici, piangevano anche per 1 ora angosciati, senza darci la possibilità di consolarli. E poi dovevamo fare i conti anche con i loro fratelli maggiori. Nicolò è stato fino al 17 febbraio il principino della nostra casa. La sua mamma era tutta per lui, nei giochi, nella compagnia, spesso leggevamo insieme i libri, ci coccolavamo a vicenda. Ed ora, lontano da casa, nella sua patria, ma esserne consapevole, si trovava spodestato e a dover crescere in fretta. Per questo, almeno per due ore ci concentravamo su di lui. All‘inizio Nicolò è stato un pochino freddo nei confronti di Federico: certo non l‘ha platealmente rifiutato, ma lo guardava con certo distacco. Si arrabbiava però se qualcuno, al di fuori di noi e lui, lo coccolava. “E´mio..“ diceva alla sua amica Francesca (Ruggeri di Cremona) “tu hai Marco“, come se invece che i loro fratellini fossero giocattoli. Piano piano però, con il passare dei giorni e dei mesi, Nicolò è diventato a pieno titolo il “fratello maggiore“, quello protettivo, quello che si rivolge a Federico con le stesse espressioni grottesche che usano gli adulti nei confronti dei neonati, quello che lo deve salutare con un bacio quando va alla scuola materna, o quando lo porto a letto, oppure nei momenti più impensati, quello che “i suoi giocattoli sono anche i miei, ed i miei solo miei“ ma se poi chiedo il permesso di usarne qualcuno dei suoi, lui acconsente, quello che mi aiuta quando devo cambiare il pannolino a Federico, quello che se mangia un gelato, glielo porge per un minuscolo assaggio. Quanti baci che ha ricevuto Federico da Nicolò… speriamo un giorno se li possa ricordare. Nicolò è stato un ponte ideale tra Federico ed il resto del mondo. Federico osservava e osserva tuttora suo fratello con occhi di un innamorato, e credo sia stato un buon punto di appoggio per affrontare il cambiamento radicale della sua vita. I giorni ad Hanoi sono tutti uguali, rilassanti, piacevoli e consumati in buona compagnia. Ci sono stati dei momenti critici, quando alle coppie che dovevano ritornare dopo una lunga permanenza è stata rinviata la partenza per problemi burocratici. A noi mancava ancora una settimana ed eravamo ottimisti: queste cose a noi, non potevano succedere!! Il giorno della nostra partenza non avevamo ancora l‘autorizzazione per l‘entrata in Italia del minore da parte della Commissione italiana…ma le valigie fatte sì. Speravamo tutti quanti che si potesse ripetere il miracolo che all‘ultimo minuto ci permettesse di prendere quel benedetto aereo. Il fax è arrivato con due ore di ritardo, quando mestamente avevamo già disfatto le valigie! L‘aereo era partito senza di noi..le nostre stanze erano ancora, non sapevamo per quanti giorni, la nostra casa. Per un momento ho avuto uno strano pensiero decisamente controcorrente: “meglio così“. Partire in quella maniera, mi dava la sensazione di essere dei ladri che scappano velocemente lasciando il luogo del delitto. Senza un saluto ai nostri amici ristoratori, Ben l‘australiano, i simpatici camerieri di Mama Rosa, senza un ultimo sguardo e silenzioso arrivederci al lago, ai mercatini, alle strade con il commercio monotematico. Ero consapevole che un giorno ci saremo tornati in Vietnam, ad Hanoi, ma non sapevo quando. Di sicuro quando i miei figli potranno capire il loro paese e gustarlo come abbiamo fatto noi, o magari per un‘altra adozione. Una notizia agghiacciante mi riporta con i piedi per terra: non ci sono posti per noi sui prossimi voli, nemmeno su un qualsiasi aereo che per lo meno ci faccia arrivare se non a Parigi, in Europa. Ops… “aiuto Mrs Thuy!“. E lei ha detto la frase magica: “ci penso io“. E lo ha fatto: ha trovato ben 11 biglietti: 6 adulti, 2 bambini e 3 culle, sul volo del giorno dopo. Ecco l‘ultimo giorno, ecco l‘ultimo giro, le ultime affannose compere e i preparativi per la partenza.

Ed è proprio nell‘ultimo giorno che siamo riusciti a visitare l‘orfanotrofio di Hanoi. Piccola sorpresa: era lo stesso dove Nicolò ha passato il suo primo anno. E´stata una forte emozione, vedere quei bambini uno più bello dell‘altro, lì che stavano aspettando i loro genitori… chissà per quanto. Alcuni, pensiamo, non riusciranno a trovarne e ci stringeva il cuore pensare a loro. Con i nostri amici ci siamo guardati negli occhi e abbiamo condiviso un unico pensiero: “ci vuole molto coraggio nel dover scegliere tra quei bambini quello che diventerà tuo figlio, dopo averli visti tutti…vorresti portarteli via tutti“. E con una certa felicità malinconica abbiamo consumato la nostra ultima cena ad Hanoi. I discorsi di quella sera sono stati improntati sull‘inaspettato incontro con l‘Ambasciatore Italiano, che aveva convocato i nostri mariti in Ambasciata poche ore prima. Piccolo brivido… i visti ormai erano pronti, i voli prenotati, cosa poteva essere successo??? Nulla, solo quattro chiacchiere non molto amichevoli sulla situazione generale delle adozioni in Vietnam. Questo signore, poco diplomatico, nonostante la sua carica, ha fatto delle basse insinuazioni sull‘operato delle Associazioni in Vietnam, e francamente ha fatto una misera figura. Bella rappresentanza… 13 marzo 2002: partenza da Hanoi. L‘atrio dell‘Hotel Claudia era invaso dalle nostre valigie, comunque si fa presto, visto la grandezza. Un‘ultima foto ricordo con il nostro angelo Mrs Thuy, un abbraccio forte, un “grazie“ sussurrato tra le lacrime e poi di corsa all‘aeroporto. Questa volta il viaggio dall‘hotel all‘aeroporto lo abbiamo fatto in silenzio. Ogni parola sarebbe stata di troppo, bastavano i nostri pensieri, i nostri sguardi avidi di incamerare ricordi. Non mi stancherò mai di parlare con entusiasmo di questo paese. Abbiamo vissuto splendidi giorni, emozioni intense, in mezzo a tanti amici ed è bello ritrovarci ancora e continuare a ricordare le nostre peripezie di quei giorni. Siamo fortunati, possiamo rivedere negli occhi dei nostri figli la loro terra, le loro tradizioni, la loro cultura, e ne siamo fieri. Durante i colloqui avuti nei percorsi delle due adozioni, le domande frequenti, a cui francamente non sapevamo cosa rispondere, riguardavano l‘inserimento di un bambino proveniente da un paese diverso nel nostro contesto sociale. Le nostre risposte, ovvie, è che eravamo pronti a difendere a spada tratta i nostri figli contro qualsiasi forma di “razzismo“ o “di inferioritá“. Finora non ci è servito: tutti sono rimasti affascinati da questi splendidi chicchi di riso, e si sono accorti che hanno una marcia in più. Ce l‘hanno nel sangue, nei cromosomi e noi li osserviamo innamorati più che mai. Di certo hanno una buona stella che, anche se da lontano, li sta proteggendo, e sempre li proteggerà: è la gialla stella del loro paese, la bianca stella delle loro madri, che hanno compiuto un grosso gesto d‘affetto, e la stella rossa del nostro infinito amore. 1982 - 2002 Vent‘anni… eravamo due ragazzi, poi siamo diventati una coppia ed infine una famiglia. Vent‘anni fa, parlare di figli per noi era impensabile, oggi non potremo immaginare la nostra vita senza di loro. Il destino ci ha portato a ricevere due vite da un paese lontano, e queste ci hanno riempito non solo le giornate (..e le nottate..), ma anche i cuori. Perché Nicoló e Federico, i nostri piccoli chicchi di riso, sono nati dal nostro cuore e quando li guardiamo, lo facciamo con gli occhi dell‘amore. E´grazie a loro, e per loro, che oggi più che mai proviamo il desiderio di migliorare il mondo, o per lo meno una parte, la migliore: quella per i bambini. Anche quest‘anno i nostri sforzi economici e non, andranno verso quei bambini che chiedono un unico regalo: nutrirsi, guarire, studiare, giocare, insomma vivere. Ed è ancora troppo poco…..