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Diario di attesa

fam. Filabelli Tagliani

Diario di attesa
29 dic 2004

Il nostro NAAA News è pieno di Diari di Viaggio, che sono poi il sogno fatto realtà di ogni coppia in attesa di un’adozione. Quante volte li abbiamo letti sognando di essere “quella” coppia. Finito il pezzo ci siamo trovati però di fronte alla cruda realtà: siamo ancora, per l’appunto, “in attesa”.Se questa fosse stata la nostra prima attesa, sicuramente non avremmo mai scritto qualcosa al riguardo. Per timore di essere gli unici a provare quel sentimento disperato di essere la coppia più sfortunata di questa terra, quella contro la quale tutti gli eventi si scatenano, tutte le coincidenze negative si concentrano. Quella insomma per cui, diversamente dalle altre, l’attesa continua. Quando però ti accorgi, parlando con molte altre coppie, che la storia si ripete e quando poi provi personalmente che si ripete anche per due volte di seguito, allora inizi ad aprire gli occhi… Nostro figlio ha gli occhi più neri, profondi e felici che io abbia mai visto. Mi pare che tutto il Nepal si concentri lì. La strada per arrivare a lui è stata lunga e tortuosa (3 anni e mezzo dalla domanda di adozione al Tribunale dei Minori) ma quegli occhi hanno cancellato tutto. E l’attesa, la fatidica attesa, col senno di poi, ha contribuito a farci sembrare il suo arrivo una specie di miracolo. E che miracolo: era proprio la mattina di Natale del 1998 quando abbiamo incrociato il suo sguardo per la prima volta… Il tempo trascorreva sereno quando ci siamo imbarcati, è proprio il caso di dirlo, in questa nuova avventura: una seconda adozione. Consapevoli di tutte le difficoltà del caso, che ogni adozione ha i suoi problemi, che non ci sono certezze, eccetera, eccetera ma, nel profondo di noi stessi, con la speranza che le cose sarebbero andate meglio ma molto meglio! Nel marzo 2003 sono invece trascorsi esattamente tre anni dalla nostra seconda domanda di adozione al Tribunale dei Minori di Milano. Non serve ripercorrere le tappe e gli ostacoli superati in questo ennesimo, lungo periodo. Perché sono gli stessi che la maggior parte delle coppie che leggono hanno incontrato. Ed eccoci, quindi, ancora in attesa… La memoria fa brutti scherzi, mi dico spesso, poiché non mi ricordo quante volte ho detto a me stessa che non sarebbe mai arrivato Gita Ram, cioè proprio lui, se tutti quegli ostacoli non si fossero frapposti allora proprio in quel modo e proprio in quel momento! In questa seconda adozione, dove mi sembra di vedere le cose in maniera un po’ più lucida (chissà se è vero?), non cerco molte spiegazioni per quello che accade. Diventare fatalisti può essere l’atteggiamento di chi rinuncia a trovare spiegazioni plausibili. Ma cosa c’è di male nello stare in pace con se stessi e nell’arrivare a pensare che anche l’infertilità, così sofferta fisicamente e psicologicamente anni fa, è stato un passaggio indispensabile per arrivare a quella immensa gioia di oggi? Quando Gita Ram vede i piccoli segni sul mio ventre, ricordo delle indagini chirurgiche fatte ai tempi, e mi chiede cosa sono, io gli rispondo: “sono il segno rimasto dal tempo in cui la mamma ha scoperto che la sua pancia non funzionava bene e che non poteva avere figli che crescessero in quella pancia. Ero così triste allora ed anche papà. Pensavamo di essere le persone più sfortunate di questo mondo. Ma non sapevamo cosa ci riservava il futuro. Non sapevamo che quella era la strada per incrociare la tua. Sai quando lo abbiamo capito? Quando ti abbiamo visto ed abbracciato per la prima volta! Adesso la mamma non è più triste pensando alla sua pancia che non funziona e sai perché?” I suoi occhi neri mi guardano e dice “No!”. Allora io dico “Perché non saresti arrivato tu e a questo non possiamo nemmeno pensare!” Allora Gita Ram mi abbraccia come se volesse fondersi con me, i suoi occhi diventano sottili e sorride di soddisfazione e di felicità. Così quando alla sera, prima di addormentarsi, mi chiede “quando arriverà il nostro bimbo piccolo?” gli rispondo che dobbiamo aspettare con fiducia e non essere tristi. Che la nostra attesa è niente se pensiamo a quella di che aspetta di incontrare noi. Allora spegniamo la luce, perché dobbiamo riposare, nell’attesa…di un altro miracolo!