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NAAA Onlus

Tanti viaggi in uno

Paola Terrile e Giuseppe Virciglio

Tanti viaggi in uno
10 ott 2005

Quanti viaggi affronta una famiglia per adottare un bimbo? I nostri sono stati almeno tre. Del primo, quello che ci ha portato fino al NAAA, ricordo le lunghe attese, i momenti di riflessione, il progressivo definirsi, nella nostra mente, dell’immagine di un nuovo figlio. E nostra figlia Greta che comincia anche lei ad attendere il fratellino, con spontanea gioia e con molte domande. Avverte lei pure fin dall’inizio del percorso che la sua vita cambierà, e non vede l’ora di conoscere questo suo fratello...Il secondo viaggio inizia il giorno in cui abbiamo messo per la prima volta piede nella sede del NAAA a Ciriè: quel giorno, senza essercelo detto prima, sia Giuseppe che io esprimiamo ad alta voce la nostra scelta per il Nepal. . Il Nepal...chissà dov’è di preciso, ma ci evoca qualcosa di misteriosamente lontano e vicino allo stesso tempo...il mistero dell’adozione inizia per noi a prendere forma. I mesi di “viaggio“ nel NAAA corrono veloci, tra corsi, letture e la consolante sensazione di un ambiente competente e caldo , pronto a guidarci verso il nuovo figlio. Il terzo viaggio, quello in cui ci si è mossi verso il “fuori”, inizia con una telefonata dal NAAA a mio marito una mattina di novembre. Lui mi richiama subito, al lavoro “Tieniti forte... C’è l’abbinamento, partiamo!” E quando Cinzia, con il suo fare dolce e sereno, da madre saggia e rassicurante, ci racconta le scarne notizie di lui e ci mostra una sfocatissima foto, io mi sento già in viaggio per conoscerlo. Possiamo finalmente entrare, timidamente, nel novero dei Genitori del Mondo. A fine novembre si parte davvero, dopo un mese di corse per documenti, un mese vissuto nell’emozionata attesa di volare verso il Nepal ed il nostro figlioletto. Fine di novembre, aeroporto di Malpensa, sera: mio marito, nostra figlia Greta ed io in coda al check-in, voli internazionali. Il mondo si apre davanti a noi, per la prima volta. L’emozione è forte, durante la prima parte del volo: è notte, ma nessuno di noi dorme veramente. La seconda parte del volo, da Doha, si svolge di giorno, e siamo più rilassati; ci godiamo soprattutto, quando l’aereo inizia a sorvolare il Nepal, lo splendore delle montagne e delle colline verdi intorno a Kathmandu. Il Nepal, all’arrivo, ci travolge con le sue contraddizioni, troppo diverso dal nostro mondo per poter essere goduto subito. Il fascino di odori e colori, lo schiaffo dell’estrema miseria, gli eccessi di rumori, l’atmosfera di intensa spiritualità, il caos di una folla per strada, così diversa da noi... La prima settimana ci muoviamo con cautela, abbiamo bisogno di tempo per familiarizzare col Paese, ma il suo indubbio fascino ci spinge a girare per la città con autentica, crescente curiosità. Il Paese di nostro figlio! Il secondo giorno Sanu, che immediatamente ci conquista col suo fare ruvido e sensibile e con la sua grande umanità, ci conduce alla Children’s Home Occed. Tutto avviene nei primi minuti: è un pomeriggio tiepido e soleggiato, noi tre attendiamo nel cortile che i bimbi, appena tornati da scuola, si preparino. Scendono alcuni bimbi, chi sarai tu? Ti riconosciamo dal sorriso, ti muovi rapidamente, piccino e magrolino, sguardo dolce e deciso. Il direttore dell’Istituto ti dice che noi siamo i tuoi nuovi genitori e che Greta è tua sorella: è un attimo, mi balzi in braccio, pronto a prenderti i tuoi primi baci. Apri i tuoi regalini, inizi a giocare a palla con papà. Sei già il nostro bambino. Nei giorni successivi, insieme a Sandra e Giorgio, nostri compagni di viaggio, trascorriamo i pomeriggi a giocare con Bikash e con gli altri bimbi alla Children’s home. Tu ci guardi, ci studi, a tratti ci ignori, all’improvviso sembri ricordarti che ci siamo, cerchi nella mia borsa, mi salti di nuovo in braccio con balzo da agile scimmietta. Comunichi da subito con noi, soprattutto con tua sorella, il vostro legame è immediatamente forte, di protezione reciproca, complicità, gelosie, da fratelli. Le settimane corrono, e giunge presto il momento in cui lasci l’istituto per venire a stare in albergo con noi. Ora, che sono ormai trascorsi mesi da che ci siamo conosciuti, capisco più a fondo che immenso cambiamento di vita dev’essere stato per te, e come sei stato forte. Le foto, a scorrerle ora, ci rimandano i tuoi sguardi a tratti duri, come per farti coraggio fingendo di essere grande, a tratti molto spaventati e bisognosi, da bimbo piccolo. Ma hai solo cinque anni! Del periodo con te in albergo, piccolo Bikash, ricordo l’alternarsi di momenti di grande dolcezza ed altri di estraneità (tu giocavi per i fatti tuoi o con Greta), il tuo bisogno di contatto fisico e di sentirti finalmente al sicuro, i pianti immotivati e disperati in cui davi sfogo alla tua paura... Ma anche e soprattutto la tua grande allegria e vitalità, e capacità di esprimere affetto, che da subito ci hanno conquistati. Sei settimane a Kathmandu sono state molto lunghe, tra difficoltà burocratiche e la crescente nostalgia di casa, ma anche troppo brevi per conoscere il mondo in cui era nato e cresciuto nostro figlio. Nel ricordo, sono state un periodo di straniamento provvidenziale dal nostro ambiente e dalla nostra identità, indispensabile per potere inserire nella famiglia la diversità culturale di nostro figlio, per aprire anche la nostra mente nel modo giusto per accoglierlo. Sono state inoltre settimane ricche di incontri importanti, con altre coppie di genitori che affrontavano il viaggio verso il loro figlio con lo stesso atteggiamento di amorevole apertura, che li ha resi a noi subito vicini e cari. Tra gli altri, pensiamo soprattutto ai cari Massimo e Rossella con il loro dolcissimo Sujan, che ha condiviso con Bikash tanti giochi in albergo e passeggiate in città, e che nostro figlio considera ”suo fratello”. Se dovessimo trasmettere a chi deve partire per lo stesso nostro viaggio il nucleo dell’esperienza in Nepal direi che il vivere per settimane in una sensazione di aleatorietà, per via dei documenti che non si sa mai quando arrivano, che è così pesante da sopportare quando ci sei dentro, ti costringe d’altro canto a riaffermare di continuo la tua scelta, e quindi ti rafforza. Come genitore adottivo ma anche come persona. Perché l’aspetto entusiasmante dell’esperienza dell’adozione è al tempo stesso il più complesso da vivere: sapersi trasformare giorno dopo giorno nella relazione con il proprio figlio, imparare ad accettarne anche gli aspetti più lontani da noi e dai nostri valori, e quando non ci si riesce saper aspettare. Questo è il quarto viaggio, iniziato per noi col ritorno in Italia a metà gennaio e tuttora in corso. Il più impegnativo e il più bello, in fondo. Bello seguire giorno dopo giorno la trasformazione del nostro bimbo, il suo felice inserimento nella scuola materna, la sua commovente gioia nello scoprire una vita per lui più protetta e serena. E anche le difficoltà dell’inserimento che il bimbo si è trovato a vivere durante i primi mesi, le sue inevitabili nostalgie, la lingua inizialmente a lui tanto estranea, i luoghi fisici più grigi e chiusi, le abitudini da imparare: tutto fa parte allo stesso titolo del nostro viaggio. Bikash è con noi da nove mesi: ora che si esprime meglio ha domande curiose per ogni esperienza nuova, è solare e recettivo, pieno di desideri e di stupore, affettuoso, socievole e molto amato dai coetanei. Lui e Greta giocano e si stuzzicano ogni giorno da veri fratelli, la complicità tra loro sta crescendo ancora. Lei, dopo aver attraversato momenti anche un po’ difficili (era figlia unica da dieci anni) si è affezionata molto a lui e ora ne va orgogliosissima, lo coccola e ridono parecchio insieme. Vederli giocare e divertirsi insieme è un vero piacere, sebbene siano parecchio vivaci… Ora Bikash racconta spontaneamente pezzetti della sua storia, e se all’inizio non era semplice controllare le emozioni forti che i suoi racconti ci suscitavano, stiamo imparando a convivere con il suo passato e a volergli bene, dato che è il suo. Non potevamo immaginare, prima di farne esperienza, che il legame con una piccola persona che prima di nove mesi fa non conoscevamo e viveva in una cultura tanto lontana, potesse diventare in breve così profondo da sentire questo piccino parte integrante della nostra famiglia. “Che bambino fortunato”, commentano alcune persone, le stesse che dicono “Come siete stati bravi”, e tu leggi dietro le loro parole un pregiudizio, magari positivo, ma come tutti i pregiudizi non poco ipocrita. A noi sembra che la fortuna sia reciproca: anzi,considerando la semplice saggezza e capacità di affrontare le varie situazioni con spontanea energia dimostrate dal nostro piccolo a soli cinque anni, direi che forse siamo più fortunati noi... Il viaggio in Nepal resta in noi come un immenso patrimonio di conoscenza e di emozioni cui attingere; certo l’incontro con il fascino intenso di quel paese ha contribuito a trasformarci. La quotidianità con un figliolino in più, fisicamente differente da noi ma così nostro, ci regala la soddisfazione di scoprirci in continuo cambiamento, la meraviglia della relazione con il diverso che è vicino, ti entra dentro e ti rende più vero. Siamo a fine estate e Bikash disegna spesso immagini di pesci e barche, i suoi ricordi delle lunghe felici vacanze al mare da poco trascorse. Con il suo abituale entusiasmo già elabora nuovi progetti di giochi ed avventure con gli amici; ma ogni tanto mi domanda quasi impaziente (a settembre inizierà la prima elementare) :“E quando vado nell’altra scuola?”. Il viaggio è appena agli inizi.