Storia di un grande amore

Oriana e Sandro Manfrin MIRA, 10 settembre 2006 Eccoci qua a raccontare quanto di più bello ci è capitato di vivere: l’incontro con nostro figlio. Dopo aver dato il mandato all’Associazione N.A.A.A. di Torino ed aver frequentato vari corsi propedeutici all’adozione il 1 dicembre 2005 siamo stati invitati a Torino per partecipare all’ultimo corso “Paese che Vai”, necessario per iniziare a conoscere il Paese di provenienza di nostro figlio: la CAMBOGIA.Il pomeriggio, alla fine del corso, Ferruccio, referente NAAA per la Cambogia, ci invita a seguirlo nel suo ufficio: c’è una “proposta” per noi….e le gambe cominciano a tremare, il cuore batte a cento o mille, la gola è secca secca, non sai come muoverti e cosa dire. È un BEL BAMBINO per cui è un MASCHIO, e già questo fa balzare sulla sedia per la gioia Sandro che, diceva che era lo stesso ma lo preferiva maschio! È un bimbo sano e pronto a giocare con noi. E' nato il 17 novembre 2000... ”allora ha cinque anni appena compiuti” è l’esclamazione di Oriana che in tutta franchezza si immaginava un bimbo più piccolo. Anche Sandro in effetti si aspettava un bimbo di massimo tre anni ma era un maschio ed a lui questo già bastava; Oriana invece manifesta la sua perplessità anche se Ferry cerca di consolarci informandoci che è un scricciolo piccino che ha solo bisogno di tante coccole e di tanto amore. Vedendo però la perplessità iniziale di Oriana nella sua correttezza professionale decide di non farci vedere le sue foto: “se lo vedete vi innamorate subito” dice e potremmo essere condizionati nella decisione, mentre una scelta così importante deve venire dal cuore e deve essere la più serena possibile! Ci da’ il fine settimana per pensarci, senza fretta, con la massima disponibilità, cosa che abbiamo molto apprezzato e ci ha dato serenità per poterci confrontare tra noi due. La cosa imbarazzante è che fuori della porta c’erano le quattro coppie che avevano partecipato al corso con noi, ed avevano già l’abbinamento, che ci aspettavano per avere la notizia. Eravamo confusi ed imbarazzati, non volevamo parlare con nessuno, tranne fra di noi. Ma durante il viaggio di ritorno, seguiti da una coppia di amici di Padova, ci fermiamo all’Autogrill di Cremona e scarichiamo tutta la nostra tensione e le nostre perplessità con loro, a cuore aperto. Alla fine, dopo un oretta, si riparte ma saliti nella nostra auto da soli ci soffermiamo ancora dieci minuti per pensare: abbiamo già le idee chiare e non vogliamo rimandare a domani ne oltre una decisione che deve venire dal cuore; è questo il giorno dell’incontro con nostro figlio, non importa quanto è grande o piccolo: è nostro FIGLIO, vogliamo sia così! Sono le 9,00 della sera ormai in ufficio a Torino non c’è più nessuno e così mandiamo subito un sms a Ferry e poi avvisiamo le nostre famiglie e gli amici più cari che siamo finalmente diventati genitori. Il giorno dopo alle 9,00 del mattino arrivano le foto via e-mail: BELLISSIMO anche di più, MERAVIGLIOSO. Scopriamo un particolare: ha un fratello di 9 anni che non potremo adottare perché ha superato l’età massima di 8 anni per l’adozione secondo la legge cambogiana (che limite assurdo!). Ferry ci rassicura di non preoccuparci perchè i due fratelli non sono particolarmente legati, non si frequentano, hanno vite distinte: immaginiamo che nell’istituto i bimbi siano divisi per classi d’età. Inizia la trafila dei documenti e l’attesa snervante della data per la partenza ed infine finalmente si parte: saremo da soli, unica coppia NAAA per questo turno con tutti i documenti pronti (prima di noi erano partite le prime cinque coppie per Kompong Speu). Da una settimana si dorme 3-4 ore per notte per sistemare il lavoro: è venerdì 24 marzo 2006, sveglia alle 6,30 per modo di dire in quanto la notte non abbiamo chiuso occhio per sistemare le ultime cose e chiudere le valige che pesano sempre troppo, togli questo togli quello alla fine alle 3,30 ci riusciamo. Partiamo da Venezia destinazione KOMPONG THOM con scalo a Roma e Bangkok. Arriviamo all’aeroporto di Phnom Penh alle 9,30 del 25 dove ci attende Martina, la referente NAAA, una donna meravigliosa, semplice ma di carattere che ci ha trasmesso subito tranquillità per la sua disponibilità e sicurezza; alle 15,30 siamo a Kompong Thom: una sciacquatina veloce visto il gran caldo, ma tanto noi non lo sentiamo, il corpo e la mente sono impegnati da qualcosa di più importante. Si sale su una moto top (taxi) e via verso l’Istituto. Quanti pensieri attraversano la nostra mente in quei cinque minuti e quanta tensione ed ansia per quest’incontro! La moto rallenta una lunga mura alla nostra destra ed un cancello: mio Dio ci siamo! Ci prendiamo la mano e stringiamo forte, forza ed emozione sempre insieme. Entriamo in questo grande campo con ai lati due laghetti che Martina ci spiega servire per allevare il pesce, e di fronte a noi un largo viale con intorno orti, piante e poi piccole case di legno su palafitte (tipiche costruzioni cambogiane) e alla fine del viale la direzione in mattoni. Martina parla mentre Oriana riprende con la videocamera con mano tremante entrambi ascoltiamo ma non capiamo nulla, il cuore batte a mille e l’ansia ci prende la gola. Ci viene incontro una bimba dolcissima, ci porge il suo saluto e prende per mano Martina; alla direzione una ragazza ci accoglie, saluti e altre parole in un inglese cambogiano per farci capire che ci accompagnerà da Viccheka….l’ansia aumenta usciamo dalla direzione ed ecco che da una stradina laterale intravediamo venirci incontro una signora con un piccolo ometto per mano…è LUI…FANTASTICO…..mamma mia è giunto il momento! Il cuore batte forte forte non sappiamo neanche noi se ci sentiamo mancare o rinascere, la voce trema ci chiniamo ma abbiamo paura di spaventarlo, è dolcissimo. Si presenta “my name is VICCHEKA”, ci saluta con la testa china ma la sua nanny lo invita ad abbracciarci, ci chiama per nome. È tra le nostre braccia….non vi sono parole per descrivere quell’emozione e le poche parole che riusciamo a dire sono sottovoce per paura di spaventarlo di più. Non sappiamo come abbiamo fatto a trattenerci visto che ancor ora nel descrivere quei momenti ci vengono le lacrime agli occhi. È una gioia immensa! Viccheka abbraccia entrambi ma preferisce restare con Oriana e gioca con le dita della sua mano, restiamo così per dieci quindici minuti, forse più forse meno, poi ci prende per mano e, con Martina e la sua Nanny, ci accompagna nella sua casetta per mostrarci dove dorme; è imbarazzato, come noi, ed anche impaurito ma cerca di non darlo a vedere, è forte, ha un portamento deciso da ometto ma di una dolcezza estrema. Il ghiaccio è rotto iniziano le presentazioni ma lui è sempre tra le braccia di Oriana. Dopo cinque minuti una decina di bimbi sono tra di noi e Viccheka già inizia a chiamaci mamy e papy; un po’ più tardi arriva Vanchey, il fratello di Viccheka, è appena tornato dalla scuola e per fare bella figura si è lavato e vestito di tutto punto: ci abbraccia e ci stringe forte, è un ragazzo bellissimo, sembrano due gemelli formato mini e maxi, dolce ma triste, molto triste. Martina ci chiede di controllare l’emozione per non dare a Vanchey l’illusione di poter partire con noi. È difficilissimo ma comprendiamo che dobbiamo farlo per non fargli del male. Restiamo qualche ora in Istituto; arriva Keang, l’assistente cambogiana di Martina splendida persona che parla inglese e pochissimo italiano, conosciamo il direttore, alcune Nanny, in particolare la Nanny di Viccheka, che lui chiama giustamente tutt’ora mamma: ci aspettavamo una ragazza o una signorina invece incontriamo una donna semplice sulla cinquantina, seria ma sorridente, molto umile e gentile che, scopriremo poi, aver insegnato molto bene l’educazione ed il rispetto degli altri a nostro figlio con la dolcezza di una vera mamma. Vive con i bimbi e con suo figlio, li lava, li accudisce tutti come figli suoi: l’Istituto è la sua casa, la sua famiglia. Ci traducono che è felice per Viccheka, perché potrà avere una vera famiglia e buone opportunità per il suo futuro. Diamo i doni per Viccheka e per i bimbi, loro ci cantano qualche filastrocca, ancora qualche scambio di informazioni e poi si lascia l’Istituto: Viccheka ci abbraccia fortissimo, un delicato e timido bacio sulle guance….a domani! Lasciamo l’Istituto stremati ma felicissimi, abbiamo un figlio meraviglioso; e non avevamo ancora scoperto il meglio di lui! Il giorno dopo, forse precorrendo un po’ troppo i tempi, ci siamo scontrati con il problema della comunicazione tra noi soli: al mattino siamo stati in istituto con Viccheka e tutti i bimbi e ragazzi (era infatti domenica e tutti erano in istituto, 140 tra ragazzi e bambini) impegnati per il taglio dei capelli con barbiere a domicilio. Per il pranzo Martina ha chiesto al direttore se Viccheka poteva venire con noi al ristorante in paese per passare poi insieme il pomeriggio; il direttore ha acconsentito in quanto riteneva Viccheka già pronto per stare con noi. Ma non è stato così: quando si è trovato da solo con noi nella nostra camera d’albergo per il riposino pomeridiano è scattata la crisi perché ha capito che non lo capivamo, parlavamo un'altra lingua e si sentiva solo…panico totale, piange e vuole uscire dalla stanza per andare a casa, non sappiamo come trattenerlo e chiamiamo Martina per un aiuto. Ci siamo resi conto che eravamo noi a non essere pronti per stare con lui, non conoscevamo nessuna parola della sua lingua e non riuscivamo a comunicare minimamente. Il tempestivo intervento di Martina e di Keang ha sdrammatizzato la situazione. Noi stavamo malissimo avevamo paura di non farcela, sentivamo l’imbarazzo e la paura di Viccheka ma le referenti ci consolavano ritenendo che forse era stato fatto tutto un pò in fretta. Al rientro in Istituto abbiamo scoperto l’intelligenza di nostro figlio: alla Nanny nel raccontare l’accaduto diceva che lui non aveva paura ma che ci aveva presi in giro! All’arrivo del direttore, inaspettatamente, molto umilmente, gli ha chiesto se per favore poteva venire in Italia con papy e mamy: era l’ultima cosa che ci saremmo aspettati dopo quella crisi di panico in albergo: ci ha spezzato il cuore perché nei suoi occhi si leggeva la paura ma contemporaneamente la voleva affrontare, il desiderio di avere una famiglia e venire in Italia era più grande. È un bimbo meraviglioso e l’Istituto l’aveva preparato più che bene a questo momento! La disperazione di quel pomeriggio ci ha spinti a conoscere meglio il cambogiano, volevamo comunicare il più possibile con lui e quindi abbiamo chiesto alle referenti lezioni di cambogiano di base. Il giorno dopo l’abbiamo passato in Istituto nella biblioteca a giocare con i bimbi a conoscere le Nanny a far pratica di cambogiano con le ragazze più grandi e piano piano imparavamo qualcosa: Viccheka era sereno e tranquillo e giovava con noi e con i bimbi ma appena si accorgeva che qualche suo compagno si avvicinava a noi gelosamente subito ci abbracciava ci toccava, giusto per fargli capire che noi eravamo lì per lui. Gli unici momenti di tensione e di imbarazzo si sono creati quanto il fratello Vanchey si avvicinava a noi e ci chiedeva di portalo in Italia con Viccheka: noi non rispondevamo facendo finta di non capire come ci avevano detto, ma il cuore si spezzava, avremmo voluto abbracciarlo e stringerlo a noi ma era meglio non farlo. Il giorno dopo si parte per PP con Viccheka, si lascia l’Istituto, il momento dell’abbandono della propria casa, immaginato da Oriana come il momento più doloroso e più straziante, ma non è stato così: si arriva all’Istituto di buon ora carichi di tensione ed emozionantissimi ma Martina ci raccomanda il controllo e il sangue freddo; Viccheka è pronto con vestito nuovo da safari e zaino sulle spalle tutto eccitato ma sereno e per tutto il tempo la sua Nanny continua a fargli raccomandazioni rassicurandolo per il viaggio, senza mostrare esteriormente però nessuna emozione ma i suoi occhi sono tristi; si salutano tutte le Nanny alle quali lasciamo un piccolo presente, scattiamo tante foto di gruppo, un dono un po’ speciale a Vanchey, le moto taxi sono pronte, si sale, tra mille saluti si parte: Viccheka sul primo motorino con papy ma ad un certo punto si ferma….”mamy?” cerca la conferma che Oriana sta dietro a lui…ok si può partire ora! INCREDIBILE non ha fatto una lacrima è euforico ma tranquillo, ma forse si tiene tutto dentro. Noi abbiamo un nodo che ci prende la gola: Oriana essendo da sola in moto non trattiene più le lacrime e poco dopo anche Sandro arrivati all’albergo si sfoga senza che Viccheka se ne accorga. Con noi sono in viaggio oltre a Martina e Keang anche la vice direttrice dell’istituto, che accompagna il piccolo Peach a PP per il medical chek up pre-adottivo. Il viaggio per PP lo facciamo in autobus, Viccheka guarda fuori dal finestrino ed in khmer dice “ora c’è ora non c’è, ora c’è ora non c’è”: si riferisce all’acqua: le pozze, i fiumi, elemento importante per la Cambogia che significa riso e pesce. Scopriamo piccole cose ma di grande importanza e significato per questo popolo così semplice ma meraviglioso. Viccheka è curioso ed interessato ma la stanchezza lo assale e si addormenta fra le braccia della mamma: che emozione è la prima volta che succede ed è bellissimo! Arriviamo a PP nel pomeriggio e ci sistemiamo in albergo, posto in un ottima posizione al centro della città, non particolarmente lussuoso ma, a nostro avviso, a giusta misura di bambino, famigliare ed accogliente con la piscina, fondamentale visto il caldo torrido! E dopo cena eccoci qui in camera da soli con Viccheka ed è… tragedia: anche stavolta lui ci parla ma non noi lo capiamo e ci rendiamo conto che il nostro non capire lo angoscia ed impaurito ci dice (questo lo capiamo benissimo), “voi non mi capite…voglio andare a casa mia”. Inoltre il fatto che alcune stanze più in là ci fosse l’amico Pech con la sig.ra Shareon lo incitava ancora di più a volere uscire dalla camera; stavolta però non vogliamo ricorrere all’aiuto di nessuno, dobbiamo riuscire a passare la notte insieme: cerchiamo di calmarlo e rassicuralo con le poche frasi fatte in khmer che ci eravamo preparati con le assistenti e lo distraiamo con la tv (santi cartoni animati di Disney Channel!); alla fine la stanchezza prevale e si addormenta tra le nostre braccia. Appena tentiamo di appoggiarlo sul letto si risveglia nella speranza che sia già giorno per andare da Pech: andrà avanti così per tutta la notte che passiamo dandoci dei turni per dormire vegliando il suo sonno agitato, anche perché temiamo che da solo si apra la porta e ci scappi (ovviamente la porta è barricata con le poltrone!). Finalmente arriva l’alba ed alle 5,30 è bello sveglio e via in camera da Pech, bagno con la sig.ra Shareon e vestiti di tutto punto, anche se sembriamo due zombi dal sonno, alle 8,30 siamo pronti per la cerimonia ufficiale di accoglimento. Nulla di particolare una gran palla burocratica con foto di gruppo, semi segnaletica; per lo Stato Cambogiano ora Viccheka è nostro figlio. Il pomeriggio è dedicato al relax in piscina anche se fatichiamo a convincerlo ad entrare in acqua: non ha mai visto una piscina in vita sua. Peach è più scatenato di lui e lo coinvolge molto rapidamente in un tuffo collettivo e via: è passata la paura! La notte precedente quasi insonne, la tensione della cerimonia, la piscina fanno crollare Viccheka sopra il piatto in ristorante: EVVIVA è svenuto dal sonno….stanotte si dorme (con un occhio aperto ovviamente!)!!! Vista la tragica notte precedente durante la giornata con l’aiuto di Keang e della sig.ra Shareon spieghiamo a Viccheka che non deve temere se non lo comprendiamo quando parla e gli diciamo che per farsi capire meglio deve usare le mani ed i gesti con poche parole, così noi le impariamo; costruiamo un gioco di scambio di parole con un “dammi cinque” all’esatta comprensione: questo lo diverte e sdrammatizza il problema della comunicazione e si rivelerà proprio lo strumento giusto. Il risveglio è stato strepitoso: mega abbracci stretti stretti, è fantastico. La giornata è stata tranquilla con shopping al mercato russo e piscina pomeridiana, e finalmente tranquillamente si addormenta fra di noi alla sera (il letto è talmente grande che dormiamo comodamente in tre!). Iniziamo a scoprirci piano piano ma a noi sembra che sia sempre vissuto con noi, anche se parliamo due lingue diverse, iniziamo a capirci con gli sguardi, a sentirci dentro, a provare emozioni comuni; è una sensazione meravigliosa che mai avremmo pensato si verificasse in così breve tempo. Il giorno dopo è stato un altro giorno importante: la sig.ra Shareon è impegnata ad un convegno e ci affida Pech e tutti e quattro passiamo la mattinata in visita al Palazzo Reale; al suo ritorno ci saluta per tornare assieme a Pech all’Istituto di Kompong Thom. Eravamo preoccupati per Viccheka per la separazione da Pech ma ci eravamo dimenticati proprio di Pech: lui tornava all’Istituto e questo lo ha rattristato in un pianto disperato. Viccheka invece non ha fatto una lacrima, lo ha salutato serenamente anche se era ben visibile la tensione. Pech è stato molto importante per noi tre in questi primi tre giorni, anche se ogni tanto stressava Viccheka per il suo modo irrequieto di giocare, ha stemperato la tensione della nuova situazione. Il distacco dall’amico Peach lo ha scaricato nel pomeriggio addormentandosi sopra la pancia della mamma, lasciandosi così andare ad un sonno rilassato. Da questo momento in poi sino al ritorno è stato un crescendo di emozioni, scoperte e confidenze (la doccia insieme, la cacca, i baci, le coccole, ecc) sia per Viccheka che per noi, senza nessun imbarazzo e pudore, come se ci conoscessimo da sempre. Noi iniziavamo a comunicare in khmer e Viccheka in italiano; l’unica preoccupazione era trovare qualcosa di nuovo e di divertente da fare in quanto PP non è certo una città a misura di bimbo: non ci sono parchi, è caotica e soprattutto pericolosa, oltre a fare un caldo boia! L’ultimo fine settimana prima della partenza siamo stati al mare ed è stato un piacevole momento di svago e di relax per tutti e tre, ma soprattutto per Viccheka che aveva visto solo una volta il mare quand’era piccolissimo; a stare nell’acqua si divertiva da matti anche perché ci aveva preso un pò confidenza. Ormai tutti e tre non vediamo l’ora di tornare in Italia: sì anche Viccheka è pronto a partire! In questi giorni gli abbiamo parlato tanto dell’Italia, della sua casa (abbiamo portato con noi altre foto di casa e dei parenti tutti che l’avrebbero accolto all’arrivo), gli abbiamo fatto sentire le voci dei parenti più cari al telefono, gli abbiamo parlato dell’aereo e del volo al punto che ogni aereo che vedeva alla tv e sui giornali diceva “Italy!!”. E finalmente si torna a casa passando per Bangkok per i visti. Abbiamo girato un po’ per la città aspettando la coincidenza aerea. Il viaggio da Bangkok a Roma è purtroppo durato oltre un ora e mezza in più del previsto, anche per questo Viccheka è andato in crisi di stanchezza e per una mezz’ora ha sempre pianto istericamente perché voleva uscire e (lo abbiamo capito da poco) aveva paura del buio. Riaccese le luci tutto è finito bene. Arrivati in Italia, alla vista di tutti i parenti, si è stretto in braccio al papà a mo’ di koala e non si è più mollato sino alla vista di palloncini e alla presenza dei cuginetti: ebbene sì la presenza di ben quattro bimbi di varie età (da 3 a 8 anni), sia all’aeroporto che vicini di casa, è stato ed è tuttora una risorsa per Viccheka, è motivo di svago e gioco quotidiano, di scambio di conoscenza e di esperienze, uno stimolo forte ad imparare l’italiano. All’arrivo a casa ha subito familiarizzato con tutto e tutti: sembrava che ci avesse abitato da sempre e così è stato anche per noi! È qualcosa di magico e di fantastico che ci sembra impossibile possa succedere; è come un colpo di fulmine, un innamoramento a prima vista ma che cresce e si consolida giorno per giorno imparando sempre di più a conoscerci ed a volerci sempre più bene. Ci sembra impossibile avere vissuto questi cinque anni senza di lui e già dopo due mesi ha iniziato a raccontare le storie della sua vita passata in Istituto, con la massima serenità e dolcezza e, noi con il massimo rispetto e con curiosità, lo stiamo ad ascoltare. Ebbene sì è iniziata per noi una nuova vita, a volte bisogna ammetterlo vi è qualche difficoltà ma chi non ha intoppi nella vita famigliare, ma tutto quello che stiamo vivendo è a dir poco M E R A V I G L I O S O, è ciò che di più bello può capitare a due persone che si amano: l’amore che ci da Viccheka È FANTASTICO!!! Grazie Martina, grazie Keang, grazie Ferry. GRAZIE NAAA.