Come il SOLE!
di Cristina Roberto e Duong Vimercati

L’estate è da sempre la stagione del cuore: calda, avvolgente, solare, entusiasmante, palpitante, spumeggiante, piena di vita, come te piccola e dolce Duong, SOLE (questo è infatti il significato del tuo nome) di mamma e papà...e così in una calda ed afosa mattina d’Agosto – giovedì 3 Agosto 2006 – ti abbiamo finalmente incontrata, abbracciata e stretta forte forte al nostro cuore, che aveva ormai da tempo preparato la culla per accoglierti.
Le emozioni precedenti il nostro incontro sono state molteplici, in special modo nella settimana che ha preceduto la nostra partenza per il Vietnam, paese che non dimenticheremo mai e che guardando gli intensi occhi neri di nostra figlia, ce lo fa rivivere ogni giorno nelle sue diverse sfaccettature. Il Vietnam è nel nostro cuore (ci manca un sacco!): i suoi profumi, i colori, i sapori, la sua gente affabile e cortese...saranno per sempre parte di noi.
Che dire, dopo le attese, che come tali sembrano sempre interminabili, il 25 Luglio siamo stati convocati a Ciriè per partecipare a “Paese che Vai”, pre-allertati telefonicamente su “possibili partenze” nel mese di Agosto, e arrivati al NAAA (ero agitatissima, poiché avevamo trovato un traffico allucinante ed eravamo perciò in ritardo!) siamo stati accolti da Cinzia ed Elisa. Erano presenti anche altre 4 coppie, che stavano chiacchierando tra di loro e con la Presidente, in modo amichevole...strano...ma il corso?...non capivo, tra il viaggio, il ritardo, ...eh, si..., il corso poteva aspettare: prima dovevano comunicarci l’abbinamento con i nostri bambini!
ABBINAMENTO?...ero letteralmente frastornata: il cuore andava a mille. Abbiamo saputo che eravamo l’unica coppia alla prima adozione, mentre tutte le altre erano alla seconda. Siamo poi stati chiamati da Cinzia, in rigoroso ordine alfabetico: noi per ultimi, ovviamente, essendo “Vimercati”. Finalmente, siamo entrati nell’ufficio dove lei ci aspettava con la sua dolce Lihn, alla quale ha affidato il compito di mostrarci il nostro fiocco: è rosa, è una bimba di nome Duong, nata il 29 Aprile! Queste parole non le dimenticheremo mai e l’immagine di quel fiocco è impressa in maniera indelebile nella nostra memoria.
Ed ecco, le lacrime mi affiorano agli occhi, il cuore batte all’impazzata, la vista si annebbia: sto per diventare finalmente mamma! A quel punto Roberto chiede: “É nata il 29 Aprile 2000 e...” “2006”, ci risponde pacatamente Cinzia. “2006??? Ma ha tre mesi ????”. “Sì” – risponde lei“ e probabilmente compirà tre mesi proprio quando voi sarete in volo verso Hanoi”. Ma come? Siamo in confusione: è il 25 luglio ma quando dovremmo partire... Ebbene il sogno finalmente diventa realtà: partenza prevista per il 30 Luglio con le altre 4 coppie, con prole a seguito: proprio un’allegra brigata. E così la nostra meravigliosa avventura si stava concretizzando. Come si può immaginare, i quattro giorni precedenti la partenza sono letteralmente volati, così come noi verso Duong.
Siamo arrivati il 31 Luglio ad Hanoi, ed appena atterrati ho avuto una spiacevole sorpresa: la mia valigia – quella che conteneva anche tutto il “corredo” per nostra figlia - non era arrivata. A quel punto la tensione si è fatta sentire e sono scoppiata in lacrime. Roby ha cercato di calmarmi (anche perché non sapendo l’inglese doveva “rimettermi in carreggiata” per fare la denuncia!) e le altre mamme molto carine e disponibili, mi hanno rassicurato, dicendomi che mi avrebbero dato loro qualcosa per la bimba. Morale: dopo aver costretto tutta la truppa a sopportare l’attesa della compilazione dei moduli per lo smarrimento del mio bagaglio, siamo saliti sul pulmino con l’aiutante di Bobo, che era venuto a prenderci in aeroporto, e siamo stati portati alla volta dei nostri alloggi. Tre coppie destinate al residence di Chiputra e noi insieme ad un'altra alla casa NAAA.
Il nostro soggiorno ad Hanoi, è stato semplicemente meraviglioso ed indimenticabile. Poco importa se durante i nostri diciassette giorni di permanenza, Duong abbia avuto delle coliche che non riuscivamo a contenere e pianti strazianti, poco importa se in piena notte siamo andati allo SOS Bambini (dove abbiamo incontrato medici e personale molto competente e disponibile!), poiché non riuscivamo a calmare i suoi strilli e la sua febbre, poco importa se per il gran caldo eravamo costretti a prendere integratori quotidianamente, poco importa se Roby ha avuto la febbre alta per due giorni, poco importa...
Eravamo finalmente una famiglia a tutti gli effetti e le persone incontrate nella casa del Vietnam, ci hanno aiutato a costruirla. Non dimenticheremo mai la dolcissima Phuong sempre pronta ad aiutarci e coccolare Duong durante le sue crisi serali, l’energica Mai che pur non parlando né inglese né italiano, ci faceva comprendere con ogni suo sguardo, che ci era vicina per le nostre necessità (come scordare il bagnetto preparato con cura ed amore, con le tipiche erbe del Vietnam) e non scorderemo mai lo “Zio Bobo”, così come lo abbiamo definito per raccontare a Duong la sua storia, efficiente, serio e molto riservato. La casa NAAA è stata per noi letteralmente tale: una casa accogliente, dove abbiamo potuto iniziare il nostro cammino di genitori, circondati da tanto amore. Anche la coppia che ha vissuto con noi questa esperienza ha significato molto: il vederli già all’opera con la loro primogenita e constatare le loro emozioni con il nuovo arrivato, ha assunto un valore speciale.
A proposito, il 2 Agosto, tornati da un giro intorno al lago, entrando in casa cosa vedo, proprio lì davanti al tavolo, ...la mia bella valigia verde! Ho abbracciato subito Mai che si trovava in cucina, che mi deve aver preso per pazza, ed ho urlato per la felicità. Sembrava un segno del destino: la valigia con tutto quello che avevo potuto preparare per Duong in quei pochi giorni di preavviso era arrivata, e la mattina seguente dovevamo partire alla volta di Phu Tho per incontrarla. Evviva!
Arriviamo all’incontro tanto atteso: la mattina del 3 Agosto. Attendiamo con trepidazione il pulmino che ci avrebbe condotto verso i nostri bambini: siamo tutti tirati a lucido per l’occasione, eleganti e già accaldati (dato che abbiamo camicie e pantaloni lunghi per l’occasione). Ci assicuriamo di aver preso tutto quanto può servire a Duong: continuo a ricontrollare la borsa, a guardare il suo vestitino rosa, quello che indosserà durante la cerimonia, a cercare di capire se le sarà grande o piccolo, ad assicurarmi d’avere un primo giochino per farla sorridere e rassicurala dagli sguardi di quelli che sarebbero diventati la sua mamma e il suo papà e che per lei erano ancora degli sconosciuti. Roby, durante gli anni precedenti l’incontro con nostra figlia, ha scritto molte poesie che hanno segnato il cammino del nostro percorso adottivo: cercavo perciò di tranquillizzarmi, ricordando le sue belle parole “Ad un figlio che verrà”, “Lettera dal Vietnam”, “Vorrei”...e cercavo di dare un volto alla nostra bambina. Anche l’altra coppia è molto tesa: solo guardandoci negli occhi, senza parlare, riusciamo a far trasparire i nostri pensieri: felicità, paura, curiosità, tensione, tutto si mischia nelle nostre menti. Finalmente arriva Bobo e saliamo con lui sul pulmino accompagnati da Phuong e successivamente da un’altra signora che avremmo poi scoperto essere un’assistente sociale. Le altre tre coppie, compresa quella appena arrivata la sera precedente per problemi di volo (immaginate la loro stanchezza!), ci aspettavano a Chiputra su di un altro mezzo, per dirigerci insieme alla volta dell’istituto.
Il viaggio è durato circa due ore. Roby ha ripreso con la telecamera il paesaggio, facendo dei commenti: l’intento era proprio di raccontare l’incontro a Duong. Arriviamo finalmente all’istituto. Il cancello si apre e ci viene incontro un ragazzo down che ci sorride. La struttura sembra enorme ma quasi disabitata. Scendiamo dai pulmini e ci guardiamo attorno. I quattro bambini sono agitati e chiedono dove sono i loro fratellini...e anche noi lo vorremo sapere. Bobo ci indica di scendere delle scale: sono ripidissime. Arriviamo davanti ad uno stanzone: la porta è aperta. Non sappiamo se possiamo entrare oppure no. Mi aspettavo di essere accolta dal personale dell’istituto (come scritto in alcuni racconti del giornalino o di essere portata in una saletta ad attendere nostra figlia) invece mi trovavo lì davanti a quella porta che non riuscivo a varcare. Ci fanno segno di entrare. In questo stanza di circa cinquanta mq. si trovavano una quarantina di bambini piccolissimi (tra i 2 e i 10 mesi circa) stesi su delle stuoie, che piangevano e si agitavano per il caldo. Vi erano anche dei ragazzini down più grandi ed alcuni con evidenti problemi fisici.
Mi commuovo e mi estraneo dal gruppo. Una mamma, vicino a me, mi parla ma non sento quello che mi sta dicendo: rimango sempre sulla soglia. Non si riesce ad esprimere sulla carta l’emozione di quei momenti: è indescrivibile. É come se il sangue si fermasse, il caldo e l’afa non si sentissero più esternamente, ma solo un gran fuoco che arde all’interno, quello dell’amore. Riesco a fatica a fare due passi in avanti e rimango un po’ defilata, rispetto agli altri. Ma quindi, cosa succede? Dobbiamo rimanere lì in piedi ad aspettare? I nostri bimbi si trovano lì, tra quelli stesi sulle stuoie o?... intanto i minuti passano e sembrano interminabili. Ad un certo punto, all’improvviso, Bobo chiama ad alta voce “Mrs. Cazzaniga”. Ma sono io...“Yes”, rispondo. Ed ecco una didi mi viene incontro con una piccolissima creatura tra le braccia. Chiedo “É Duong?” e lui mi risponde sorridendo “Yes, Yes, Duong”. Allungo le mie braccia verso la donna che fino all’istante prima l’aveva accudita e prendo mia figlia tra le mie. La guardo e la sfioro con le dita: è uno scricciolino (pesava 3,8 kg a 3 mesi) impaurito e rannicchiato, che mi fissa con i suoi intensi occhioni neri, senza versare una lacrima. É piccolissima, magra e malnutrita, ma il suo sguardo è forte di chi sa già cosa significa lottare per vivere. Le lacrime scendono dal mio volto ed i miei occhi incontrano quelli di mio marito, che dolcemente l’accarezza e mi sussurra “É bellissima”. Ci siamo persi nel suo viso, senza renderci conto che stavano chiamando le altre mamme per cognome...eravamo in mezzo a tanta gente ma non la vedevamo più, non sentivamo più nulla, c’era solo lei, il nostro SOLE d’oriente. Poi, ci siamo come risvegliati da questo stupendo torpore ed abbiamo notato le stesse emozioni negli occhi dei nostri compagni di viaggio. I bambini (quattro femmine ed un maschio) erano tutti un po’ raffreddati (chi più chi meno) ma nel complesso stavano bene. Duong era la più minuta (anche se non la più piccola anagraficamente). Le neo mamme ed i neo papà hanno cominciato a sorridere, circondati dalla curiosità dei loro primogeniti. Siamo rimasti all’istituto circa un’oretta, poi ci siamo diretti verso la Casa del Popolo di Phu Tho, dove ci sarebbe stata la cerimonia di consegna dei nostri figli da parte delle autorità vietnamite. Prima di uscire dal cortile dell’istituto lo stesso ragazzino che ci era venuto incontro al momento del nostro arrivo con il pulmino, ci si è avvicinato. Mi ha sorriso, ha guardato negli occhi Roberto e poi ha accarezzato amorevolmente Duong: quel suo dolcissimo gesto ci ha fatto nuovamente commuovere: salutava la sua piccola amica e le augurava una vita serena...almeno lei l’avrebbe avuta.
Dopo circa una quindicina di minuti di pulmino, siamo arrivati alla Casa del Popolo. Qui la temperatura era letteralmente diversa: l’aria condizionata era alta ed abbiamo subito coperto i nostri piccolini per non peggiorare il loro raffreddore. Ci hanno detto che prima della cerimonia dovevamo cambiarli e riconsegnare gli abitini che indossavano, e così abbiamo fatto. Duong aveva addosso solamente una camicina verde ed una sorta di triangolo di stoffa rosa intorno alla vita, per contenere un rozzo pannolino messo per l’occasione del nostro incontro. Quando l’ho spogliata ho potuto constatare ancor di più come era indifesa: aveva il pancino gonfio come i bimbi africani che vediamo nei documentari, due braccine e due gambine magre e la sua pelle era come svuotata, ma il suo visino era ed è incantevole. Le ho messo il body ed il suo vestitino rosa: era enorme, sebbene fosse della taglia di tre mesi, ma le stava benissimo. Eravamo pronti per firmare i documenti che ci avrebbero fatti diventare ufficialmente la sua mamma ed il suo papà. Da quell’istante è iniziata la nostra vita a 3: una meravigliosa avventura che grazie a Duong, diventa ogni giorno sempre più entusiasmante.
Mentre vi scrivo, vorrei essere di nuovo lì a Phu Tho, nella “Casa dei Bimbi” come una mamma, che ha vissuto con noi questa stupenda avventura, raccontava alla sua primogenita durante l’incontro con il fratellino, ed abbracciare tutti quei chicchi di riso che stanno ancora aspettando di unirsi ai loro genitori. Il Vietnam ci ha donato nostra figlia, il NAAA ci aiutato ad incontrarla: saremo eternamente grati ad entrambi. Ho aspettato fino ad oggi a scrivere il nostro incontro. Volevo trovare un momento speciale per far partecipe tutti voi (già mamma e papà ma specialmente chi sta ancora aspettando di diventarlo) delle emozioni che abbiamo vissuto, ed ho pensato che questo giorno fosse quello più appropriato. Poi, mi sono soffermata a riflettere ed ho capito che tutti i momenti da quando abbiamo abbracciato Duong sono speciali, così come lo è lei in ogni istante: è solare, come il significato del suo nome, è sempre sorridente, cresce serena e ci regala quotidianamente qualcosa di nuovo; è affettuosa ma birichina, socievole ed allegra: è nostra figlia e lo sarà per sempre! Grazie Vietnam!