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Una fantastica avventura

ATTORI: Thuan, Cristina e Claudio Romoli.

Una fantastica avventura
27 dic 2004

COMPARSE: famiglie Sartorio, Vescovini, Alioto, Felicita, Rovaris, Bertoldo, Ceccarelli, Pescosolido, Austoni. REGISTA: FG AIUTO REGISTA: H(moglie del regista). SUONO: melodica voce di Thuan Romoli, clacson e rumori forniti dalla città di Hanoi. FOTOGRAFIA: Viet Nam del nord, provincia di Bac Can, capitale Hanoi. APPOGGIO, SUPPORTO E CONFORTO ITALIANO: Cinzia Fabrocini e N.A.A.A. sede Marche di Roberta, Paolo e Duyen Polidori. VOCE DELLA COSCIENZA: Elena Acquarini. PRIMO TEMPOTutto inizia il 29 settembre 2002 alle ore 19.00 quando il Naaa sede Marche ci convoca ad Urbino per discutere sul paese di destinazione. Alla fine dell’incontro la nostra famiglia, vista l’età, era idonea per un abbinamento di un bimbo o bimba sui cinque anni. La prima cosa che abbiamo fatto è stata quella di andare a consultare enciclopedie e libri per conoscere il paese del nostro cucciolo, conoscere gli usi e i costumi, la posizione geografica, il clima, la storia e così via. Dopo nemmeno 15 giorni ci telefona Roberta, nostra referente Naaa sede Marche, per comunicarci il paese di destinazione: VIETNAM. Come Vietnam che si era parlato di Nepal? Perché come tutti sappiamo dal primo gennaio 2003 sono cambiate le leggi sulle adozioni in quel paese e quindi bisognava sfruttare al massimo quelle vecchie. Felicissimi, perché noi siamo innamorati dell’oriente, Roberta senza spiegare nulla ci disse di sbrigarci a fare i documenti e questo c’insospettì non poco. Il 26 ottobre 02 di corsa a Torino per effettuare un incontro per conoscere il paese del nostro pupo e lì ci fecero capire che l’abbinamento con il bimbo era imminente ma dovevamo fare i documenti con la massima urgenza. Una volta a casa corri a destra corri a sinistra, in una settimana tutto era pronto e spedito al Naaa. Giovedì 31 ottobre 2002 alle ore 17.45 circa riceviamo una telefonata da Roberta ……. ROBERTA: “Ciao Claudio come stai?” Attimo di silenzio “Pronto ci sei?” CLAUDIO: “ Si ci sono, ciao Roberta noi stiamo bene, cosa ci devi dire?” ROBERTA: ” E’ arrivato il vostro abbinamento”; Cristina ed Io ci guardiamo negli occhi, era arrivato uno dei giorni tanto attesi e sognati, le gambe incominciavano a tremare, le pulsazioni del cuore ad aumentare, io passo il telefono a Cristina perché volevo che quest’emozione la provasse prima lei….. CRISTINA: “Ciao Roberta dimmi” ROBERTA: “E’ un maschio, si chiama Thuan ed è nato il 21 ottobre “ CRISTINA: ” E’ stupendo siamo felicissimi”. Siccome eravamo nel nostro negozio la notizia è stata vissuta da tutti i presenti, commesse e clienti compresi, in quel momento era calato un silenzio assoluto, tutti guardavano Cristina, le vendite si erano fermate, la cosa più importante in quel momento era l’arrivo di questa stupenda notizia. Io incominciavo a non capire più nulla, i nostri occhi incominciavano a lacrimare….. CRISTINA: ”E’ nato il 21 ottobre, ma di quale anno?” Domanda più che logica visto che noi ci aspettavamo un bimbo di 4 o 5 anni. ROBERTA: ” ha solo 10 giorni”. Ci guardiamo tutti negli occhi e scoppiamo a piangere felicissimi e il primo pensiero comune è stata la lettera di Cinzia sul giornalino del Naaa dove dice: ” Nanna cacca pappa (rigurgito) cacca pappa nanna (vomitino) MOLTA CACCA pappa nanna, ripetere dall’inizio per un paio d’anni.” ROBERTA: ” ora vi mando con una e-mail la foto del vostro bimbo e ci vediamo domani da me per firmare l’accettazione dell’abbinamento ciao.” Giunti a casa corriamo subito ad accendere il computer e una volta collegati incomincia ad apparire la foto del nostro chicco di riso sullo schermo. Cristina ed Io seduti uno a fianco all’altro osserviamo in silenzio l’immagine di Thuan, siamo rimasti in silenzio per un minuto, mi giro verso Cristina e le dico: ” è veramente bello è il più bello di tutti”, e scoppiamo a piangere perché avevamo appena conosciuto nostro figlio. Il 24 novembre parto solo io per il primo viaggio, Cristina è rimasta a casa per motivi di lavoro e anche perché se veniva in Vietnam non so se sarei riuscito a riportarla a casa. A Parigi conosco altre due coppie e con una terza che incontrerò a Hanoi è nato un gruppo di genitori adottivi di bimbi tutti nati a Bac Can nel nord del Vietnam, tutti “fratellini” (io li considero così), perché sono nati nello stesso ospedale nell’arco di 13 giorni, due maschietti e due femminucce. Gli elementi del gruppo sono: Stefano Sartorio, in questo viaggio anche lui come me single, gran tecnico degli ascensori montati in tutto il mondo (ne troveremo uno anche a Hanoi), Anna ed Elia Alioto grande chef internazionale (il suo piatto forte è la pasta con le sarde), e Barbara e Federico Vescovini industriali nel campo della bulloneria. Arrivati a Hanoi il lunedì 25 novembre ci vengono a prendere in aeroporto e ci portano in albergo e di sera conosciamo il referente Naaa il famoso Giannitrapani che c’informa sullo sviluppo della nostra permanenza, come funziona la burocrazia in Vietnam e ci da appuntamento per mercoledì 27 novembre 2002 alle ore 6 del mattino per andare a conoscere i nostri bambini e per firmare la richiesta d’adozione nella casa del popolo. Siamo immersi nella vita quotidiana di Hanoi, c’è un traffico di motorini impressionante, un continuo rumore di clacson, un brulicare di gente che ti spunta da ogni angolo della città, tutti che ti sorridono e ti vogliono vendere qualcosa, vedi motorini che trasportano di tutto, addirittura una volta nel portapacchi di un motorino c’era un maiale adulto, un altro sul manubrio portava dentro a una borsa delle anatre e nel portapacchi aveva una cesta colma d’oche che incredibilmente se ne stavano tranquille e ogni tanto anche loro collaboravano, con il loro starnazzare, insieme al clacson del motorino ad avvertire del loro arrivo in mezzo al traffico. Per attraversare non bisogna fare come da noi che aspetti il semaforo rosso, che prendi tutte le precauzioni di guardare sia a destra sia a sinistra aspettando che si fermino per farti passare: no!!!! Non è così, perché se ti comporti così ti mettono subito sotto. Loro non rispettano i semafori quindi devi attraversare buttandoti in mezzo al traffico e procedere con un’andatura lenta e costante, saranno loro ad evitarti e vi assicuro che ci riescono molto bene. Ci siamo abituati talmente bene che quando era l’ora di attraversare lo facevamo senza preoccuparci di nulla e ci trovavamo dall’altro lato della strada. Il 27 novembre, GRANDE GIORNO, ci vengono a prendere puntuali alle 6, perché dobbiamo affrontare un viaggio di cinque ore per arrivare a Bac Can che si trova a 250 km a nord da Hanoi. Come ben tutti sappiamo le strade del Vietnam sono disastrose: strette, asfaltate ogni tanto e soprattutto colme di qualsiasi tipo di veicolo e cosa più importante da tenere in considerazione è la condotta di guida dei vietnamiti, dove ogni secondo si sfiora un frontale o una fuoriuscita di strada. In queste cinque ore oltre al terrore di essere coinvolti in un incidente, riesci a vedere un paesaggio meraviglioso, vedi ogni fazzoletto di terra in ordine e coltivato con cura, vedi distese di campi di riso, allevamenti d’oche, contadini con i loro bufali e con aratri rudimentali che arano con tanta fatica ma con grande dignità. Ci sono donne curve nella terra immerse sino alle ginocchia d’acqua con il loro copricapo fatto a forma di cono che piantano le piantine di riso, insomma è una campagna viva. Due sono le cose che mi hanno colpito di più: la prima è che le donne lavorano quanto e come gli uomini, sollevano pesi e fanno lavori pesanti e la seconda è che vedi in mezzo a questi campi ordinati le tombe dei loro cari disposte non tutte nella stessa direzione, e ogni tanto qualcuno sopra di esse che si fa uno spensierato sonnellino. Tutti facciamo finta d’essere spensierati raccontandoci ogni tanto qualche barzelletta, ma più ci avviciniamo a Bac Can più i nostri cuori battono forte e il paesaggio incomincia a cambiare, la pianura cede il passo alle montagne. La strada è malridotta e le buche incominciano a dare fastidio. Finalmente alle 11 puntuali arriviamo, avremmo dovuto subito andare nella casa del popolo per firmare la richiesta d’adozione, ma ci dicono che loro sono in ritardo e quindi cambio di programma: subito in ospedale a vedere i nostri bambini. E sì, così eccitati arriviamo sotto l’ospedale sapevamo che fra pochi minuti ci sarebbe stato quel momento tanto sognato e tanto atteso, penso a Cristina , mi dispiace che lei non ci sia, avrei voluto vivere uno dei giorni più importanti della mia vita con lei, mi faccio coraggio, cerco di mascherare il tremolio della mia voce e delle mie gambe. Siamo tutti in fila indiana saliamo le scale e arriviamo al primo piano, mi guardo un po intorno per cercare di vedere il mio Thuan, ci portano in una stanza……e in mezzo a tanta gente, tate e infermiere scorgiamo due fagottini, gli occhi mi si lucidano, devo resistere , l’accompagnatrice incomincia a pronunciare i loro nomi :”Thai”, “Min Ciang “, non dice Thuan, sono i bimbi di Anna e Elia e di Stefano, ho la cinepresa accesa riprendo tutto e chiedo all’accompagnatrice dov’è Thuan? Mi guarda e insieme a Barbara e Federico mi porta in un’altra stanza. Ore 11.27 (5.27 ore italiane) vedo il mio Thuan non capisco più niente do’ la telecamera in mano ad un uomo che si diverte a riprendermi, e corro a prenderlo in braccio. Che emozione, è piccolo ,è avvolto in un asciugamano e al capo porta due cappellini uno sopra all’altro, subito lui con i suoi occhietti scuri a mandorla mi guarda intensamente, seguo il suo sguardo che corre verso la sua tata, ma subito si gira verso di me e mi fissa di nuovo. La sua tata come un gendarme mi scruta, non perde un attimo di vista Thuan, quando mi sposto di qualche metro lei è subito dietro le mie spalle, le sorrido ma non riesco a strapparle un sorriso. Per fargli qualche foto sono costretto a ridarglielo, gli scatto più foto possibili, posiziono la telecamera in registrazione su un mobiletto e da li non mi sposto più. Dovevo fare più foto e riprese possibili perché se non lo avessi fatto Cristina mi metteva fuori casa al mio rientro. Prendo il cellulare per dividere questo momento con Cri, la chiamo e mi risponde subito presento Thuan alla mamma, scoppiamo tutte e due a piangere, l’unico tranquillo era lui che continuando a studiarmi con i suoi occhi ogni tanto sbadigliava. Facciamo le foto di gruppo con i nostri aquilotti in braccio ,guardati a vista dalle tate che con il passare del tempo incominciano a rilassarsi un pochino. Siamo circondati dalle infermiere che anche loro hanno un ruolo importante nella crescita dei nostri figli. Ancora adesso che sto scrivendo rivivo con emozione quei momenti, che sono unici al mondo, ad un certo punto la nostra accompagnatrice ci dice di dare i bambini alle tate perché la visita era finita e dovevamo andare alla casa del popolo per firmare i documenti per la richiesta d'adozione. Come? Eravamo appena arrivati due secondi fa e subito dobbiamo andare via? Guardo l’orologio sono le 11.46, ma non è possibile abbiamo tenuto in braccio i nostri bimbi per soli 19 minuti? E si! È proprio così è arrivato anche quel momento “rompi cuore” che ti devi staccare dal tuo bambino e non sai quando lo rivedrai, quando tornerai a prenderlo definitivamente. Diciannove minuti che sono passati come secondi, ho provato a contare sino a diciannove e oggi sono sempre più convinto che passano più lenti 19 secondi che quei 19 minuti. Tutti euforici per l’incontro ma dentro di noi c’era anche tristezza, avevo capito che io e Thuan ci eravamo conquistati a vicenda con i nostri sguardi. La cosa che mi conforta è che i nostri bambini stanno bene, perché non esistendo un orfanotrofio a Bac Can una volta abbandonati dopo le prime cure vengono dati in affido a famiglie che li tengono di giorno e la sera le infermiere li vanno a prendere e se li tengono tutta la notte. Questo fa si che siano sempre sotto controllo, seguiti, curati e anche coccolati. Risaliamo sul pulmino che ci porta alla casa del popolo dove fra un foglio e l’altro poniamo(sempre con una penna con inchiostro rigorosamente BLU) le nostre firme ben calcate in modo che se qualcuno le volesse cancellare non ci riuscirebbe. Gli altri giorni, dal giovedì al lunedì successivo, abbiamo fatto i turisti perché non c’erano altre pratiche da sbrigare, siamo andati alla scoperta della città, in cerca di ristoranti e negozi per comprare dei souvenir. Avevamo sempre il pensiero a Bac Can, sapere di essere a soli 250 km distante dal tuo piccolo e non poterlo rivedere questo ti rattrista. Mi rattristo ancora di più quando salgo sull’aereo che mi riporta in Italia, al decollo senti i km che colmano la distanza fra te e il tuo bambino, crescendo vertiginosamente di minuto in minuto e incomincia il conto alla rovescia per il secondo viaggio che doveva essere per la metà di gennaio 2003 come ci era stato detto da Giannitrapani. (fine primo tempo) INTERVALLO L’intervallo è, a parere mio e di Cristina, il periodo più brutto di questa fantastica avventura. Molti pensano che il periodo più brutto sia all’inizio quando hai gli incontri con l’assistente sociale, oppure quando aspetti la notifica del decreto d’idoneità’ dal Tribunale dei Minori, oppure per altri quando devi fare i bonifici all’associazione dove vedi i tuoi euro volare via. NO!!! Vi assicuro, essere andati a vedere tuo figlio, averlo preso in braccio ed aspettare un tempo indefinito per ripartire è veramente struggente. Cristina contava i giorni; quando alla scadenza siamo venuti a sapere che la partenza era rimandata da metà febbraio in poi a causa del Tet, il loro capodanno lunare che cade il 31 gennaio 03 e tutto si ferma compresa la burocrazia. Non vi dico il nostro morale com’era, Cristina demoralizzata sempre di più ogni giorno che passava. Altre coppie come noi saputa la notizia ci telefonano e con il “passa parola” non vi dico cosa si è detto. Il 23 gennaio 03 alle ore 13.20 circa riceviamo un messaggio SMS da Barbara e Federico i quali erano appena stati avvisati della partenza per il 16 febbraio 03. Alle 13.45 altro messaggio da Stefano:”si parte il 16 febbraio”. Telefoniamo subito a Roberta per sapere qualcosa, lei no sa ancora nulla, ma alle 16.45 la risentiamo e ci da la bella notizia. Felicità alle stelle, l’ansia sparisce immediatamente. Arriviamo a casa altro messaggio sulla segreteria, anche Anna e Elia avevano ricevuto la notizia. Il gruppo di Bac Can era pronto per il secondo tempo. SECONDO TEMPO (Racconta Cristina) I 21 giorni che ci separavano dalla partenza sono stati incredibili, mille cose da fare da organizzare lasciare il lavoro per un mese non era uno scherzo, le giornate erano piene di impegni erano lunghissime stressanti, sembrava di vivere una doppia vita, una correva verso un mondo nuovo e ti sembrava di non riuscire a preparare tutto in tempo, dall’altra parte ogni mattina quando mi alzavo dicevo: come? Mancano ancora 19gg………..15gg…………..9gg… non passavano mai. “L’ultima sera, il sabato” per fortuna in negozio si lavora, altrimenti avrei fatto il solco intorno a casa per far passare il tempo. Arriviamo tre ore prima all’aeroporto di Bologna perché a casa non resistevamo più, volevamo già respirare aria di aeroporti. Incontriamo la famiglia Ceccarelli che fece il primo viaggio una settimana prima di noi. Si parte!. Arriviamo a Parigi alle 15.30, ben 4 ore prima del volo per Hanoi, che ci importa una tappa l’avevamo già fatta. Subito dopo ci incontriamo con i Sartorio e conosciamo la nostra mascott del secondo tempo “Martina”, una bimba di 7 anni dolce e molto carina che anche lei come papà Stefano e mamma Lia (per gli amici Rosalia) non vede l’ora di andare a prendere il suo fratellino Thai. Nella sala di aspetto del volo delle 19.30 per Hanoi poco alla volta arrivano anche i Vescovini, poi gli Alioto, e grande sorpresa altre 5 famiglie: i Pescosolido, i Felicita, i Rovaris, i Bertoldo, gli Austoni, tutti con gli occhi che brillavano dalla gioia. Io prima di partire chiesi a Ferry come facevo a riconoscerli e lui mi rispose che non avrei avuto problemi che li avrei riconosciuti in mezzo a 1000 persone e così è stato, camminavano tutti a 2 metri da terra. Il viaggio è stato tranquillo, eravamo tutti tranquilli eccetto Alessandro Ceccarelli che aveva un po paura di volare e per prenderlo in giro ogni tanto gli offrivamo una caramella Alpelibe facendogli il gesto che tutto era OK. Atterrati all’aeroporto di Hanoi, Cristina e Lia venivano subito fermate dalla Polizia perché all’ambasciata vietnamita di Roma gli avevano messo sui passaporti dei visti scaduti, dopo circa 30 minuti finalmente vengono liberate. E qui ci siamo. Siamo arrivati ad Hanoi per tornare indietro con i nostri figli. Siamo un po’ storditi, credo nessuno si renda conto di cio’ che succederà da questo momento in poi. Posso dire in assoluta franchezza che pur avendo fervida fantasia non avevo nessuna idea. Si ripete: pulmino, arrivo in albergo, incontro con FG, il quale dopo informazioni generali estrae il foglio con i nomi delle famiglie e date di incontro……noi lo incontreremo due giorni dopo il 19.02.03. Come disse la volpe che non riusciva a prendere l’uva, noi dicemmo “fortuna che domani abbiamo il tempo per comprare i passeggini………”notte in bianco, devono passare ancora 48 ore. E’ arrivato il 19 febbraio 2003 sono le 6 del mattino come l’altra volta, ma adesso è diverso si torna tutti insieme. Questa volta il viaggio è stranamente silenzioso, la “nostra Marti” dorme e gli altri non si sa……….Arriviamo in ospedale, non ho visto le scale ero già di sopra, ho visto una donna con un bimbo in braccio: è Thuan! è Thuan! lei si è girata e io per la prima volta ho visto mio figlio dal vivo. Tutta l’ansia, le paure, le domande si sono placate. Una calma indescrivibile mi è scesa nel cuore, la “didi” di Thuan piangeva disperata io abbracciavo lei e il mio bambino, lei me lo dava fra le braccia e me lo toglieva, poi me lo ridava e mi faceva i gesti di come calmarlo, accarezzandogli la testa, e di quanto mangiava: 80 grammi per many..many..many volte (è vero l’abbiamo scoperto dopo). Ero felice perché sapevo che finalmente dopo un viaggio lungo anni avevo incontrato mio figlio, piangevo per lei perché vedevo che gli voleva un gran bene. Ho perso il senso del tempo, non mi rendevo conto di quanta gente avevo intorno, non vedevo più Claudio, solo a casa mi sono accorta delle foto e del film che ha girato. La cerimonia è stata per me dolcissima, sentire dire in vietnamita “Ha Van Thuan” con famiglia Romoli è stato struggente. Thuan stremato dal pianto per il “passaggio” si è addormentato, il viaggio di ritorno in pulmino è stato un concerto di pianti, alternati, questi bimbi non erano mai saliti in macchina, e non avevano affrontato certamente viaggi lunghi, con aria condizionata incorporata nell’autista. (In Vietnam un autista che si rispetti non viaggia senza aria condizionata al massimo, inutile chiedere ogni 5 minuti di spegnere o abbassare, ti dicono di si, e dopo 2 minuti con indifferenza riportano tutto al massimo!).Il mese di permanenza in albergo è stato per me qualcosa di magico, indimenticabile, non tanto per l’albergo, ma per il nostro affiatatissimo gruppo. Momenti di commozione e di allegria generale, volti tirati per notti in bianco, papà nel panico perché non si trovava il mitico latte “Guigoz 1”; è stato meraviglioso. È vero quando la Cinzia dice:”godetevi quei momenti, vi mancheranno.” Un mese intero dedicato totalmente a conoscere i nostri figli, e farci conoscere, lontani dalla vita di tutti i giorni; immersi in un mondo nuovo e sconosciuto come in un libro di avventure. Posso dire comunque che il nostro meraviglioso Thuan dopo il terzo giorno passato insieme ci aveva già adottato, e ogni giorno la meraviglia si ripete, quando si sveglia al mattino e come ci vede sorride proprio come quel giorno ad Hanoi.